David (Merab Ninidze) è accusato di frode contro l’università in cui lavora, avrebbe intascato il corrispettivo del prezzo di quindici sedie richieste per una conferenza e mai acquistate. Per questo è costretto ai domiciliari, lo hanno sospeso dall’insegnamento, la moglie se ne è andata pur continuando a occuparsi un po’ di lui e la figlia non gli vuole parlare più. Nessuno dei suoi amici ha detto qualcosa per difenderlo né tra i colleghi forse felici di occupare il suo posto ma soprattutto troppo spaventati all’idea di perdere il proprio. La sola che gli rimane accanto è la madre (Rosa Khayrullina), figura che ha patito in passato lo stalinismo, e prova perciò a dissuaderlo nella sua ostinazione spaventata all’idea che finisca in prigione. Ma lui non vuole ammettere un crimine che non ha commesso, che è strumentale, una vendetta perché ha osato denunciare la corruzione del sindaco della cittadina, postando sui social una caricatura dell’uomo mentre fa sesso con uno struzzo -«Perché no? É un animale bellissimo» si difende con l’ispettore che lo tormenta.

CIÒ CHE SCONTA è una critica al potere (come non pensare a Serebrennikov, accusato anche lui di frode, di cui nei prossimi giorni sarà presentato il film senza che lui possa essere a Cannes) che nessuno pur conoscendone gli abusi osa esprimere per quieto vivere, per non essere distrutti come accade a lui. Nella casa piena di libri, di cultura, di ricordi le giornate scivolano tra moltissime sigarette e qualche visita della mamma o del nuovo avvocato che prova a difenderlo. E degli allievi che non lo hanno dimenticato, che hanno l’energia di un futuro e ancora i sogni di poesia, cultura, cambiamenti possibili.
Delo, il titolo del nuovo film di Aleksey German jr (anche autore della sceneggiatura insieme a Maria Ogneva), al Certain Regard, significa appunto «Arresti domiciliari», nello spazio obbligato delle pareti domestiche e di un piccolo giardino senza orizzonte a cui l’uomo ha accesso prima che suoni il braccialetto elettronico, German disegna una personale cartografia della Russia tra il presente di Putin e la storia sovietica nella linea di una «continuità» caratterizzata da persecuzioni contro gli artisti, i dissidenti, gli avversari politici, da corruzione, violenza. Le tracce di un passato oggi rimosso, Puskin scambiato per Dostojevki, i versi di Mandel’stam, morto nei gulag, Anna Achmatova, messa al bando per «decadenza» e quel presente del suo protagonista, il cui campo di specializzazione è «L’età d’argento», la poesia all’inizio del XX secolo. Eppure non è un eroe empatico questo personaggio, anzi è spesso insopportabile, diviso tra l’ostinazione, il proprio ego, le paranoie, pieno di dubbi, stremato dai dolori del corpo e dalle perdite.

COSA È ALLORA quella strana casa da cui German non esce «pandemicamente» (il film è stato girato in venticinque giorni durante la pandemia) mai? Un mondo come in altri suoi film, un universo a parte, una sorta di resistenza che si assottiglia nell’assedio dei vicini, quasi horror, dell’acqua che si infiltra, di un sistema di spionaggio, ricatto, aggressione che mai si smentisce dove anche lottare è diventato inutile.Le tracce si perdono, la Georgia del padre di David, la diaspora della madre, i poeti: quanto valgono nella necessità? E come può l’artista o l’uomo di cultura trovare il suo posto? Che è la domanda ricorrente nei film del regista russo, metafore senza eccessi di un cinema che continua a interrogare la realtà e il sentimento della storia e dell’umano.