Giorno di elezioni in Kenya, giorno di speranza e di dolore. Speranza che l’incertezza abbia fine, dolore per i troppi morti contati nelle principali città: almeno 67 secondo quanto rilevato da Human Rights Watch, tre nella sola giornata di ieri (compreso un 13enne ucciso durante gli scontri con la polizia in uno slum di Mavoko).

TUTTO ERA INIZIATO con grande entusiasmo e partecipazione tre mesi fa, ma le elezioni presidenziali dell’8 agosto sono state subito contestate dall’opposizione i cui rilievi sono stati successivamente accolti dalla Corte suprema, che le ha annullate. Pur convalidando le elezioni dei senatori e deputati. Si è così ripartiti, ma la frattura tra maggioranza e opposizione non si è ricomposta anzi è diventata sempre più profonda. Con l’opposizione che ha chiesto «significative e irrinunciabili» riforme all’intera procedura elettorale contestando la commissione elettorale (Iebc) e alcuni sui esponenti. Di fronte al non accoglimento, anche per via dei tempi stretti per la riconvocazione, ha optato per il boicottaggio: No reforms No elections.

IN EXTREMIS è stato fatto un ulteriorericorso presso la Corte per evidenziare l’incapacità della Commissione elettorale a garantire elezioni corrette, ma il 25 ottobre, un giorno prima del voto, la Corte ha dichiarato di non poter esaminare il ricorso «per la mancanza del quorum dei giudici presenti». Infatti, era necessaria la presenza di almeno cinque giudici dei sette che la compongono, ma come ha spiegato il presidente David Maraga «la giudice Philomena Mwilu non è stato in grado di venire in tribunale». La sua guardia del corpo è stata gravemente ferita da colpi di arma da fuoco il giorno prima e lei era in stato di shock. Altri giudici erano malati o fuori sede. Una brutta situazione per la Corte suprema, che si era distinta nella scelta di annullare le elezioni di agosto mentre ora la sua attendibilità, come ha ammesso lo stesso Maraga, «ne risentirà fortemente». Di fronte a questo quadro il leader dell’opposizione Raila Odinga (Baba, papà, per i suoi sostenitori) ha convocato un’imponente manifestazione nel parco della libertà di Nairobi annunciando: «Da oggi in poi non saremo più una coalizione politica, ma un movimento di resistenza, non considereremo un governo eletto senza rispettare la costituzione». Poi ha concluso invitando i cittadini a stare a casa: «Non prendete parte a questa finzione elettorale. Il nostro dovere è resistere alla dittatura».

GLI EFFETTI non hanno tardato a vedersi ieri, giorno delle elezioni, con i sostenitori dell’opposizione che si sono scontrati ripetutamente con le forze di polizia mentre cercavano di impedire l’accesso ai seggi. In quattro contee (Migori, Siaya, Kisumu e Homa Bay) il voto è stato posticipato a sabato.

«QUI LA GENTE NON È ANDATA a votare», racconta Christine Adhiambo, studentessa di Kariobangi. C’è stata minore affluenza rispetto all’8 agosto, meno partecipazione e desiderio di prendere parte a un momento collettivo. Tutto è stato perlopiù vissuto come «un’onda che non vedi l’ora che passi», come spiega Joab Omoto, direttore di un servizio sociale a Dandora: «Hai mai provato la sensazione di andare a fondo senza essere nell’acqua?».

Come già successo in agosto, chi ha potuto ha lasciato le città e soprattutto le aree più periferiche. Anche i residenti del centro di accoglienza per bambini di strada Kivuli sono andati via per qualche giorno, ha spiegato il missionario Padre Kizito: «Fuori città saranno più sicuri. Noi invece aspettiamo pazientemente». È stanca di aspettare Magdalene Wambui, commerciante di Eastleigh: «Da agosto non posso lavorare, anche i clienti soffrono».

L’ESITO DEL VOTO È SCONTATO, Kenyatta sarà riconfermato presidente, ma la situazione resterà incerta: «Nessuno riesce a prevedere niente» racconta Chiara Avezzano dell’associazione Amani. In molti, dalla Chiesa alla comunità internazionale, hanno rivolto appelli al dialogo e alla pace, ma la notte si preannuncia lunga e buia.