I numeri diffusi dagli organizzatori testimoniano l’esistenza di un popolo: da 156 comuni, province e regioni, 53 scuole, 88 associazioni nazionali, 359 associazioni locali, secondo gli organizzatori, si erano registrati in diecimila e, alla fine, dal palco di Assisi viene diffuso il numero finale: «Siamo più di cinquantamila a manifestare qui e nelle altre città d’Italia». L’edizione straordinaria della Marcia della Pace Perugia-Assisi, sotto lo slogan «Fermatevi! La guerra è una follia», fa registrare un successo oltre le più rosee previsioni, segno che al di là della propaganda, degli attacchi e delle polemiche più pretestuose sulla presunta equidistanza dei pacifisti c’è una fetta d’Italia che rifiuta la guerra, è contraria agli armamenti e ritiene il dialogo lo strumento migliore per la risoluzione dei conflitti. 

«Questa manifestazione è fatta per togliere la parola alle armi e ridarla alla politica – dice il coordinatore del comitato promotore Flavio Lotti –, se la politica la riprenderà in mano ci salveremo, altrimenti sarà un disastro per tutti». E ancora: «Non dobbiamo né fare né rispondere né alimentare le polemiche. Dobbiamo invece far crescere un movimento di cittadini consapevoli e responsabili che si impegnano non solo a chiedere la pace ma a farla concretamente tutti i giorni, in ogni momento della giornata, prendendosi cura gli uni degli altri. Il popolo della pace torna quindi a marciare, alla faccia dei signori della guerra».

A Roma, intanto, durante la recita del Regina Caeli in piazza San Pietro, papa Francesco ha dato la sua benedizione ai pacifisti: «Saluto e ringrazio i partecipanti alla marcia straordinaria Perugia-Assisi per la pace e la fraternità che si svolge oggi, come pure quanti vi hanno aderito dando vita ad analoghe manifestazioni in altre città d’Italia. I leader politici per favore ascoltino la voce della gente che vuole la pace, non l’escalation del conflitto».

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La partenza, intorno alle 9 del mattino, è stata silenziosa, con un minuto di raccoglimento per le vittime di tutte le guerre. «Non dobbiamo rompere i ponti con nessuno – dicono gli organizzatori – , dobbiamo lavorare per costruire la pace. Non abbiamo nemici, l’unico nemico è la guerra e chi la alimenta, anche vendendo armi. Non chiamateci nobili, anime belle, noi siamo qui per riprendere e rilanciare il grido di dolore di tutte le vittime delle guerre, da tutte le parti del mondo. Abbiamo il dovere di fermare questi massacri. Cerchiamo di farlo con lo spirito e le parole di papa Francesco. Siamo qui per rispondere al suo invito di dare voce alla pace».

Tanti i volti noti tra le migliaia di persone che hanno camminato dai giardini del Fronte di Perugia fino alla basilica di San Francesco ad Assisi: il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli dei Verdi, l’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris, Valter Verini del Pd, il segretario della Cgil Maurizio Landini, il giornalista Michele Santoro, la presidente leghista della Regione Donatella Tesei, che pure ha promosso l’iniziativa: «Oggi da qui deve partire il messaggio che è possibile concretamente costruire un dialogo con procedure che ci sono ma che non sono state seguite fino in fondo. Da questa marcia e dalla terra di pace che è l’Umbria deve partire un messaggio a tutto il mondo, perché si deve intervenire e non si può più aspettare». 

In mezzo bandiere a centinaia: quelle arcobaleno della pace, quelle gialle e blu dell’Ucraina e quelle delle associazioni e dei partiti che hanno aderito. 

Landini, intercettato alla partenza, ha ribadito la posizione assunta sin dal primo momento dalla Cgil: «Bisogna riconquistare la pace e fermare questa guerra assurda voluta da Putin che sta creando disastri, e bloccare il rischio concreto che la guerra torni ad essere lo strumento di regolazione dei rapporti tra le persone. Non possiamo accettare questa regressione, c’è bisogno di cessare questo conflitto e di prendere la parola scendendo in campo, e c’è bisogno che anche l’Europa giochi un ruolo determinante proprio per affermare la pace e costringere Putin a un negoziato».

In cammino c’è anche don Luigi Ciotti, presenza ormai fissa della Perugia-Assisi: «Non sono un affezionato della marcia, ma della pace», dice con un sorriso ai cronisti che gli si avvicinano. Alla fine, sotto un cielo nuvoloso che ha minacciato pioggia per tutta la durata della manifestazione, poco dopo le 14 il serpentone è arrivato davanti alla basilica di Assisi. «Chi chiede pace non sono i pacifisti ma le vittime della guerra, noi siamo il loro megafono», conclude Lotti, con la promessa che il popolo che ha marciato in Umbria non si frammenterà e continuerà a far sentire forte la propria voce.