E’ Miguel Díaz-Canel il nuovo volto del potere a Cuba. Come previsto è stato eletto ieri primo segretario del Partito comunista cubano. Carica che cumula con la presidenza della Repubblica.

Si conclude così la transizione del governo dell’isola alla generazione nata dopo la vittoria della Rivoluzione di Fidel del 1959. Uscito Raúl, al vertice del Pc, partito único e «forza dirigente» del paese, non vi è alcun rappresentante della famiglia Castro. Anche gli altri leader «storici», Machado Ventura, il comandante Valdés, il generale Cintra Frías, tutti ultraottantenni, lasciano l’Ufficio político e vanno in pensione. Unico rappresentante dei combattenti della Sierra Maestra è il generale López Miera, ministro delle Forze armate, nominato alla viglia dell’VIII Congresso.

Viene così confermata la nuova regola, voluta da Raúl: il limite dei 60 anni per far parte del Comitato centrale del Pcc e di 70 per l’Ufficio político. 

Nell’organico non è prevista la carica di secondo segretario generale del Pcc, che era detenuta da Machado Ventura, indicato dai commentatori come il peso massimo del grupo degli ortodossi del partito.  Díaz-Canel dunque non avrà un contrappeso nel settore «storico». Ma vi sono pochi dubbi che il nuovo vértice del partito-governo-Stato sia stato scelto accuratamente per bilanciare le diverse «anime» del Pc. «Díaz-Canel non è frutto dell’improvvisazione, ma di una selezione accurata di un giovane rivoluzionario che aveva tutte le condizioni per essere promosso a cariche superiori», aveva messo in chiaro l’ex presidente nel suo discorso al Congresso.

L’asse che stabilisce l’unità del partito –il quale a sua volta «rappresenta l’unità del popolo cubano» – ruota attorno a personalità legate a Raúl Castro, e alla línea pragmática e di governo collegiale che l’ex primo segretario ha imposto, differenziandosi dal fratello maggiore, lider máximo dell’isola.

Il rinnovamento del vertice politico avviene in un momento di gravissima crisi economica del paese, resa ancora più acuta dalla pandemia di Covid-19 (ieri vi erano 1060 nuovi contagiati).

Per questa ragione i 300 delegati presenti al Congresso (svoltosi a porte chiuse) hanno approvato i documenti che indicano la necessità dello sviluppo dell’economia del paese come principale obiettivo del partito, assieme alla «solidità ideologica».

Su questo tema, Raúl ha messo in chiaro che la strategia del partito, e dunque del governo, rimane la difesa del socialismo, con il predominio dell’industria di stato, il controllo del commercio estero e lo sviluppo di un settore privato  solo «complementare» a quello statale.

La condizione che vive il cubano de a pie, ovvero il cittadino comune, è al limite della sopportazione, data la scarsezza dei beni di prima necessità. «Dare un impulso alla produzione nazionale per sostituire le importazioni, come pure garanzie per ottenere maggiori investimenti esteri e una moneta solida e convertibile sono gli obiettivi propritari del governo e del partito», sostiene l’economista Omar Everleny.  Sono questi gli obiettivi della Tarea ordenamiento dell’economia, in corso dal primo gennaio. Che però non da i frutti sperati. La difesa del cambio fisso della moneta, il peso, ha un costo sociale assai forte.

Probabilmente per questa ragione è uscito dall’Ufficio político Marino Murillo, l’ex zar delle riforme economiche. Mentre viene accresciuto il peso dei militari. Nell’Ufficio politico entra Luis Alberto Rodríguez López-Calleja, presidente del poderoso consorzio militare Gaesa, che controlla più del 60% dell’economia dell’isola.

Nel suo intervento Raúl Castro si era rivolto (senza nominarlo) al presidente degli Stati uniti proponendo che si riprendano tra i due paesi relazioni basate sul rispetto della sovranità e della parità. Biden e il suo capo della diplomazia, Blinken, continuano a ripetere che «Cuba non è una priorità politica» della Casa bianca. Il che significa che mantengono l’embargo e le 240 tra sanzioni e misure volute dall’ex presidente Trump col chiaro obiettivo di strangolare l’economia cubana e provocare «una rivolta sociale» nell’isola. 

Una delle ragioni addotte dalla legge Helms-Burton, cuore legale dell’embargo, è la necessità di metter fine al dominio dei Castro a Cuba. Se veramente, come aveva affermato durante la campagna presidenziale, Biden vuole cambiare rotta rispetto a Trump, sia riguardo a Cuba che all’America latina, ora ha un valido motivo per farlo.