«La frequenza degli attacchi è qualcosa di nuovo…Quelle persone (gli estremisti israeliani, ndr) si sentono protette… l’atmosfera culturale e politica ora giustifica o tollera azioni contro i cristiani». La denuncia, attraverso un’intervista all’agenzia Ap, è forte. E giunge dalla più alta autorità della Chiesa cattolica in Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, un religioso cristiano noto anche come uno studioso dell’Ebraismo. La misura è colma. E l’intervista rilasciata da Pizzaballa segue la presa di posizione di Wadie Abunassar, portavoce dell’Assemblea degli Ordinari cattolici in Terra Santa, che su Twitter ha postato video per mostrare ebrei religiosi che sputano sui cristiani a Gerusalemme.

Le difficoltà per le minoranze cristiane, non solo a causa di estremisti israeliani, non sono una novità nella città vecchia che Israele si è annessa unilateralmente, violando il diritto internazionale, nel 1967. Ora la situazione è peggiorata perché il governo di destra guidato da Benyamin Netanyahu include estremisti religiosi come il ministro delle finanze Bezalel Smotrich e quello della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir accusato di istigazione al razzismo antiarabo. «Questa escalation porterà più violenza. Creerà una situazione che sarà molto difficile da correggere», ha avvertito Pizzaballa. Da Israele replicano che resta immutata la garanzia per la libertà di culto e l’accesso ai luoghi santi. «L’impegno di Israele per la libertà di religione è stato importante per noi da sempre. È il caso di tutte le religioni e di tutte le minoranze che hanno libero accesso ai luoghi sacri», afferma Tania Berg-Rafaeli, direttrice del dipartimento delle religioni presso il ministero degli esteri.

La vita quotidiana racconta un’altra realtà. Appena qualche giorno fa la polizia israeliana ha pestato brutalmente – lo mostrano i video che ancora girano in rete – i palestinesi musulmani che intendevano trascorrere la notte nelle moschee della Spianata di Al Aqsa. Non celebreranno la Pasqua ortodossa a Gerusalemme 700 palestinesi cristiani di Gaza che avevano fatto richiesta di raggiungere la città santa. E il Patriarcato ortodosso ha protestato contro le sempre maggiori restrizioni riguardo la cerimonia del «Fuoco santo» – l’antico rito al Santo Sepolcro che precede la Pasqua ortodossa che cade il 16 aprile – poiché «non sono necessarie e impattano profondamente sul benessere spirituale, morale e religioso della libertà delle comunità cristiane di Gerusalemme così come dei credenti di tutto il mondo». Il numero ammesso dalla polizia quest’anno per «motivi di sicurezza» è di 1800 fedeli, cinque volte inferiore rispetto al passato.

A Pierbattista Pizzaballa e agli altri capi delle chiese locali preme sottolineare che le autorità non stanno proteggendo i cristiani. Le aggressioni fisiche e le molestie spesso non vengono denunciate ma sono stati documentati almeno sette casi di vandalismo contro le proprietà delle chiese da gennaio a metà marzo attribuiti ad ultranazionalisti religiosi. Il mese scorso due israeliani hanno fatto irruzione nella basilica accanto ai Getsemani e si sono avventati su un prete con un’asta di metallo. A febbraio, nella Chiesa della Flagellazione, un ebreo ortodosso americano ha strappato dal piedistallo una rappresentazione di Cristo alta tre metri e l’ha fracassata sul pavimento, colpendone la faccia con un martello. «Niente idoli nella città santa di Gerusalemme!», ha urlato più volte. A gennaio, altri ebrei religiosi hanno abbattuto e vandalizzato 30 tombe contrassegnate da croci di pietra in uno storico cimitero cristiano.