Se siete uno studente del Camerun e vi domandano chi è il presidente della Repubblica avete un vantaggio rispetto ai vostri coetanei di mezzo mondo: la risposta è da 36 anni sempre la stessa, Paul Biya.

L’85enne capo di stato si appresta oggi a raggiungere il suo settimo mandato. Meglio di lui c’è solo il presidente della Guinea equatoriale Teodoro Obiang Nguema, vicino ai quarant’anni di governo. Tuttavia, questa vittoria potrebbe risultare per Biya la più amara. Il Paese è in una serie di crisi che il governo non sembra più gestire: in particolare gli attacchi di Boko Haram nel nord e la cosiddetta secessione dell’Ambazonia (la regione anglofona ai confini con la Nigeria) che è diventata guerra armata. Nell’ultimo anno sono morte centinaia di persone tra militari e civili e almeno 40 mila camerunesi si sono rifugiati in Nigeria. Poca suspense e molta rassegnazione (sul totale di 13 milioni di votanti solo 7 si sono registrati per votare).

Il partito del presidente Rassemblement démocratique du Peuple Camerounais (Rdpc) vantava nel 2011 il 75% delle preferenze ed è improbabile un ribaltamento a favore dell’opposizione divisa in otto differenti candidature. C’è il tradizionale Partito social democratico (Sdf) che ha candidato Joshua Osih e il più recente ORA!, movimento guidato dall’avvocato Akere Muna, ex vicepresidente di Transparency International e poi Frankline Ndifor Afanwi che nel suo ultimo affollato comizio ha dichiarato: «Infonderò l’amore nella mia gente, la guiderò con amore».

Il problema principale dei due più importanti partiti di opposizione Sdf e ORA! deriva dal fatto che il loro bacino elettorale si trova nelle regioni anglofone dove, tuttavia, i separatisti hanno deciso di impedire il voto. Giovedì scorso le Tigri dell’Ambazonia, uno dei gruppi separatisti, hanno fatto irruzione in un carcere nel nord-ovest del Camerun e liberato circa 100 detenuti che secondo Nchia Martin Achuo, il capo del gruppo separatista, erano detenuti illegalmente. Anche Cho Ayaba leader dell’Ambazonia Governing Council ha dichiarato che «non ci saranno elezioni in Ambazonia».

I diversi gruppi hanno istituito punti di controllo che bloccano il traffico sulle strade principali, contribuendo a paralizzare l’attività in tutta la regione: Vogliamo assicurarci che non vi sia alcun movimento dal Camerun in Ambazonia, incluso il materiale elettorale», ha concluso Ayaba.

Da un lato quindi, l’interruzione del voto nel Camerun anglofono potrebbe essere paradossalmente un vantaggio elettorale per Biya e inoltre i rischi di instabilità potrebbero ulteriore vantaggio al partito di governo che vuole «ristabilire l’ordine». La comunità internazionale ha fatto pressioni sul governo perché tenesse in considerazione le istanze della minoranza anglofona, ma quanto è stato fatto appare insufficiente e tardivo. La crescita economica del 4% non basta per affrontare il problema della povertà che continua a colpire ancora il 40% della popolazione. Nessuno dei candidati sembra poter rappresentare il paese in tutta la sua complessità e la diplomazia resta a guardare. Nulla sembra cambiare nella terra dei lions indomptable.