Nel 1973 il mondo era diviso in tre parti, come aveva scritto nel 1952 il geografo francese Alfred Sauvy (1898-1990). Il primo mondo era quello capitalistico, comprendente gli Stati uniti e i paesi amici e satelliti occidentali. Il secondo mondo era rappresentato dall’Unione sovietica e dai paesi satelliti. C’era poi un «terzo mondo» molto variegato, in genere di paesi arretrati economicamente, molti dei quali si erano appena scrollati di dosso il dominio coloniale di Francia, Spagna, Inghilterra; la Cina stava vivendo la rivoluzione culturale, una contraddittoria ondata di cambiamento, una via comunista indipendente dall’Unione sovietica.
Molti paesi del terzo mondo si consideravano «non allineati» e cercavano una propria strada di sviluppo, basato sul diritto di utilizzare le proprie ricchezze naturali nell’interesse dei popoli.

Il 1973 fu l’anno della svolta. Una ventata di indipendenza scuoteva i paesi del terzo mondo, consci delle ricchezze minerarie e petrolifere fino allora sfruttate dal primo e dal secondo mondo.

Poco prima un oscuro colonnello Gheddafi aveva assunto il potere in Libia con l’obiettivo di nazionalizzare le risorse petrolifere e, tanto per cominciare, aveva aumentato il prezzo del petrolio di cui erano affamati i paesi industriali. Molti produttori di petrolio, sudamericani, asiatici, africani, si erano uniti in un cartello, l’Opec, per accordarsi su produzione e prezzi, in un momento in cui gli Stati uniti cominciavano a dover dipendere dalle importazioni petrolifere.

In questo turbolento panorama di rapporti internazionali il mondo era attraversato da altre ondate di contestazioni.

E, come se non bastasse, era arrivata l’ecologia: una nuova domanda di un uso parsimonioso delle risorse naturali scarse, di lotta all’inquinamento dell’aria, del suolo, dei campi, delle acque, generato dalla civiltà consumistica. L’ecologia spaventò ministri e industriali che, a parole, fecero finta di convertirsi rapidamente ad amici dell’ambiente e della natura.
Corsero tutti alla Conferenza delle Nazioni unite sull’ambiente umano, a Stoccolma nel 1972, senza accorgersi che stavano approvando impegni (successivamente disattesi) per il contrasto all’inquinamento, la cessazione delle esplosioni delle bombe nucleari, un uso più giusto delle risorse naturali di ciascun paese. Erano le richieste avanzate dai paesi del terzo mondo, pochi mesi prima, nello stesso 1972, nella Conferenza delle Nazioni unite, a Santiago del Cile.

Il 1973 inoltre era agitato dal vivace dibattito provocato dalla pubblicazione di un libro «sovversivo», intitolato Limits to Growth. Quanto fossero credibili le denunce espresse nella Conferenza di Stoccolma e nel libro apparve chiaro in quel 1973.

Nel settembre di quell’anno, in Cile il governo del socialista Allende fu abbattuto con un colpo di stato fascista sobillato dalle multinazionali statunitensi che poterono così riappropriarsi delle miniere di rame; nell’ottobre il tentativo di invasione di Israele da parte dell’Egitto, proprio nel giorno della festa ebraica di Yom Kippur, fu respinto col sostegno occidentale e subito dopo i paesi arabi produttori di petrolio decisero di punire i paesi occidentali bloccando le esportazioni e aumentando il prezzo da 3 a 10 dollari al barile.

A partire dalla fine del 1973 la paura della scarsità di petrolio pervase il mondo industriale; oggi si ricordano le domeniche senza auto, i pattini a rotelle e le code per la benzina. Il governo italiano elaborò affrettati piani energetici. Tutti sbagliati: non tenevano conto della nuova realtà, la scarsità di risorse naturali a basso prezzo. Cominciò a circolare la sgradevole parola: austerità. Esorcizzata, nei decenni successivi, dalla scoperta di nuovi giacimenti, dalla fine del comunismo, da ondate consumistiche.

Fino alla nuova crisi iniziata nei primi anni duemila; con crescenti instabilità politiche e militari, ondate migratorie dai paesi poveri verso i paesi ricchi. Sono oggi ben visibili ingiustizie e discriminazioni.

Eppure la cura era stata indicata già nel 1973 nella forma di una maggiore giustizia e minore avidità. Perché non l’abbiamo adottata? Siamo ancora in tempo?