«Siamo in un momento storico molto importante per il nostro sport, sia in Italia che nel mondo. Dopo l’ingresso del cricket nel programma olimpico, è arrivato da parte del CONI il riconoscimento della FCrI [Federazione Cricket Italiana] come organo sportivo nazionale. È per noi una straordinaria opportunità di crescita e valorizzazione. Se siamo qui, è grazie al lavoro e alla passione di tante donne e uomini e ai sacrifici delle famiglie che continuano a portare avanti i valori e la cultura di questo sport».

Così Kelum Asanka Perera, segretario generale della FCrI, sintetizza efficacemente l’evoluzione che sta vivendo il cricket in Italia. È una lunga onda che ha preso il via nell’ottobre del 2023 quando durante la sessione centoquarantuno del Comitato Internazionale Olimpico, svoltasi non casualmente a Mumbai in India che è epicentro globale di questa disciplina, è stato ufficializzato il ritorno alle Olimpiadi di Los Angeles del 2028. La notizia ha avuto una risonanza planetaria, considerato che si tratta del secondo sport più praticato dopo il calcio. L’aura leggendaria ma oramai lontana nel tempo dell’unica presenza olimpica avvenuta nell’edizione di Parigi del 1900, avrà finalmente un seguito a LA28.

Anche dalle nostre parti un entusiasmo collettivo ha coinvolto l’intero movimento, dai semplici appassionati fino agli atleti professionisti. Perera, nato a Firenze nel 1984 e che di cricket vive sin dall’adolescenza, ben comprende tale situazione: «A livello personale, sono circa diciannove anni che lavoro nella federazione dove ho ricoperto quasi tutti i ruoli. Se guardo indietro, oltre ad essere orgoglioso per quanto fatto, devo ringraziare i miei genitori e le persone che mi hanno voluto e vogliono bene. Mi hanno sempre spronato ad andare avanti, a credere nei miei sogni».

Il suo percorso sportivo e dirigenziale è iconografico: inizia a giocare da ragazzo nel Cesena Cricket Club, esordisce a quattordici anni in serie A mentre è nel Bologna, effettua tutta la trafila nelle nazionali giovanili dove diviene capitano, passa poi nella maggiore dove debutta ufficialmente nel 2004 per rimanervi fino al ritiro dall’attività agonistica nel 2010, diventa poi allenatore e successivamente tra il 2017 e il 2019 è commissario tecnico della stessa nazionale. Successivamente assume il ruolo di segretario della FCrI e di consigliere nazionale del CONI.

«Lo sport ha un posto importante nella mia vita, il cricket in particolare. Perché ci ritrovo alcuni tra i momenti più emozionanti di sempre: penso a quando ricevetti la prima maglia azzurra da giocatore e quando, anni dopo, come allenatore della nazionale vidi sugli spalti i miei genitori con in braccio mia figlia che sgattaiolò al termine della partita, che vincemmo, per venire ad abbracciarmi. Inoltre, è lo sport che ha praticato mio padre, appartiene quindi alle radici della famiglia che è arrivata in Italia dallo Sri Lanka oltre quaranta anni fa.

Per certi versi, il cricket è stato e lo sento ancora come un riscatto sociale. Per me rappresenta una filosofia di vita in quanto mi rispecchio in pieno nel preambolo delle leggi che lo organizzano, quando si afferma che nessun soggetto coinvolto nel cricket deve compiere un’azione che manchi di rispetto al cricket stesso». Il riferimento alle Laws Of Cricket datate 1788 e adottate dall’organizzazione internazionale di riferimento, l’International Cricket Council , è condiviso da tutti i praticanti in Italia, stimati dalla FCrI in circa sedicimila persone, numeri che includono anche tremilacinquecento atleti agonisti.

Si tratta di un fenomeno sportivo in forte crescita, basti pensare che nel 2019 si contavano quarantuno società sportive divenute centodue a fine 2023 e che attinge in buona parte, ma non solo, dalle comunità asiatiche di Afghanistan, Bangladesh, India, Pakistan e Sri Lanka. Il progressivo aumento di interesse nei confronti del cricket, di cui va sottolineata l’importanza in termini di inclusione sociale, porta con sé dinamiche di natura sportiva, legislativa e culturale che intrecciate tra loro, raccontano di un paese che è cambiato nella sua composizione senza avere una normativa capace di essere al passo coi tempi.

L’impossibilità di avere automaticamente la cittadinanza prima di aver compiuto diciotto anni se non si è rispondenti a particolari requisiti, ad oggi inficia la partecipazione degli atleti minorenni alle competizioni internazionali. Danno non di poco conto se si considera il valore dei giovani talenti presenti nelle nazionali maschili e femminili: «Ambedue stanno ottenendo ottimi risultati come si evince dal ranking mondiale, ma se vi è una possibilità di partecipare a LA28, a quello che per tutte e tutti è il sogno delle Olimpiadi, è con la rappresentativa femminile che per riuscirvi dovrebbe entrare in graduatoria tra le prime quindici squadre. Possono farcela. Vi è però un problema, in quanto non tutte hanno la cittadinanza e questo potrebbe impedire la loro presenza. È una situazione che andrebbe modificata dal legislatore. Va ricordato che nel caso l’Italia riuscisse a qualificarsi, diventerebbe il primo paese non legato al Commonwealth a partecipare ai Giochi. Sarebbe un risultato di grande prestigio con esiti importanti di natura economica, sportiva e sociale».