La decisione era nell’aria da molte settimane ma da ieri è ufficiale: con una circolare firmata in notturna, il ministero della salute ieri ha ridotto da sette a cinque i giorni di isolamento minimo per le persone positive al Covid-19. Per uscire dall’isolamento sarà necessario un test negativo «antigenico o molecolare» dopo almeno due giorni senza sintomi. La circolare abbrevia anche l’isolamento massimo: «in caso di positività persistente – recita il documento – si potrà interrompere l’isolamento al termine del quattordicesimo giorno dal primo tampone positivo, a prescindere dall’effettuazione del test». 

L’Italia si adegua così alla durata minima dell’isolamento decisa dalla Francia e dalla Germania (che non richiede test negativo all’uscita). Dal canto loro, Spagna e Regno Unito hanno abolito l’isolamento obbligatorio già nella scorsa primavera e si affidano alla sola responsabilità individuale.

Non è l’unica novità di questa fine estate. In una riunione straordinaria, ieri l’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) ha dato il via libera all’uso dei vaccini Pfizer e Moderna aggiornati alla variante Omicron 1 in versione bi-valente, contenenti cioè anche il ceppo di Wuhan. Per ottenere l’autorizzazione, Pfizer e Moderna non hanno ripetuto i lunghi test di efficacia in cui si confronta il tasso di infezione tra vaccinati e non. Stavolta gli studi si sono limitati a rilevare un’adeguata produzione di anticorpi in volontari adulti, 2400 per Pfizer e 800 per Moderna. Secondo gli esperti Ema, i vaccini avranno la stessa efficacia anche negli adolescenti quindi il vaccino è autorizzato a partire dai 12 anni di età. 

Le dosi aggiornate saranno fornite ai governi nel quadro dei contratti già stipulati e non comporteranno ulteriori acquisti. Per l’effettiva somministrazione manca solo la ratifica da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), i cui tecnici si riuniranno il 5 settembre. «Le prime forniture dovrebbero arrivare entro la prima decade di settembre» fa sapere il ministro della salute Roberto Speranza, ribadendo che «la quarta dose andrà fatta per i fragili e gli over 60».

I vaccini approvati dall’Ema rischiano di apparire obsoleti poiché la variante Omicron 1 – dominanti nei primi mesi dell’anno – dallo scorso giugno è stata soppiantata dalle Omicron 4 e 5. Pfizer e BioNTech hanno già sviluppato un vaccino contro queste ultimi ceppi e stanno per sperimentarlo nell’essere umano. Con un approccio più audace rispetto a quello dei colleghi europei, mercoledì l’agenzia statunitense Food and Drug Administration (Fda) ha bruciato le tappe (e l’Europa) autirizzando direttamente questa versione più aggiornata del vaccino, senza attendere nuovi dati clinici come si fa con i vaccini anti-influenza. L’opinione degli esperti Fda è che poche mutazioni nell’Rna del vaccino non provocheranno effetti avversi imprevisti. In Europa e negli Stati Uniti saranno così utilizzati vaccini diversi contro il Covid-19 almeno fino all’autunno inoltrato, quando l’Ema prevede di valutare i vaccini di ultima generazione alla luce dei dati raccolti nel frattempo.

Tuttavia, dal punto di vista sanitario non si prevedono grandi differenze tra le due sponde dell’Atlantico. Indipendentemente dalle varianti, i vaccini a mRna originali hanno finora dimostrato una scarsa capacità di prevenire il contagio e un’ottima efficacia nello scongiurare i sintomi gravi. Lo conferma anche uno studio pubblicato il 26 agosto sul web e non ancora valutato da una rivista scientifica realizato da un gruppo di ricerca dell’università del New South Wales (Australia). I ricercatori hanno raccolto tutti i dati finora disponibili sull’efficacia dei vaccini aggiornati a nuove e vecchie varianti, trovando differenze minime. «Una piccola modifica non provocherà un netto miglioramento nell’efficacia dei vaccini» ha spiegato la coordinatrice dello studio Deborah Cromer alla rivista Nature. A determinare il successo o l’insuccesso dei nuovi vaccini sarà piuttosto l’eventuale circolazione di un nuovo ceppo virale radicalmente diverso dai precedenti.

La linea tenuta dall’Ema ha un obiettivo più politico che scientifico. Sbandierando una maggiore prudenza, l’agenzia intende mantenere elevata la fiducia nei vaccini da parte dell’opinione pubblica. I richiami ripetuti riscuotono sempre meno successo. La terza dose è stata somministrata a due terzi della popolazione totale, un livello piuttosto elevato ma inferiore all’87% del primo ciclo. Più faticosa appare la campagna per la quarta dose negli over 60. Oggi se ne iniettano circa quindicimila al giorno, con un trend in discesa. Il governo puntava a somministrarne centomila dosi al giorno, un numero avvicinato solo nel mese di luglio. Finora il secondo richiamo è stato ricevuto da circa il 14% delle persone nella fascia di età 70-79 e da meno dell’8% nella fascia 60-69.