Alfredo Cospito può ritenersi finalmente soddisfatto: la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’automatismo con cui l’articolo 69 quarto comma del Codice penale vieta al giudice di considerare eventuali circostanze attenuanti – dovute per esempio alla tenuità del danno, come nel suo caso – come prevalenti sulla circostanza aggravante della recidiva. I giudici costituzionalisti aprono così di fatto la strada ad una pena più lieve – tra i 20 e i 24 anni di carcere, anziché l’ergastolo – per l’anarchico, detenuto per l’attentato alla Scuola allievi carabinieri di Fossano e che è ancora ricoverato all’ospedale San Paolo di Milano per le conseguenze dello sciopero della fame intrapreso il 20 ottobre scorso contro il 41bis cui è sottoposto dal maggio 2022.

Dunque, la Corte d’assise d’appello di Torino – davanti alla quale si sta svolgendo il processo all’ideologo del Fai e alla sua compagna Anna Beniamino, accusati di aver piazzato nel 2006 davanti alla caserma in via Centallo le due bombe scoppiate a distanza di breve tempo senza però provocare vittime né feriti – non è più vincolata a condannare Cospito all’ergastolo perché secondo la Consulta «il giudice dovrà valutare, caso per caso, se applicare la pena dell’ergastolo oppure, laddove reputi prevalenti le attenuanti, una diversa pena detentiva». La questione non si pone per Beniamino perché per lei il Procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo, ha chiesto 27 anni di reclusione.

IN ATTESA del deposito della sentenza, il comunicato emanato dall’ufficio stampa della Consulta, a conclusione della camera di consiglio durata alcune ore, spiega che la norma sulla quale nel corso del processo a Cospito la Corte d’assise d’appello di Torino aveva sollevato dubbi di costituzionalità (l’articolo 69, quarto comma, c.p.) è in effetti «costituzionalmente illegittima nella parte in cui vieta al giudice di considerare eventuali circostanze attenuanti come prevalenti sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen., nei casi in cui il reato è punito con la pena edittale dell’ergastolo». In sostanza, aggiunge la Corte costituzionale, «il carattere fisso della pena dell’ergastolo esige che il giudice possa operare l’ordinario bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti previsto dai primi tre commi dello stesso art. 69». Nessun automatismo, però: anche in questo caso, come spesso avviene, i giudici costituzionalisti considerano coerente con la nostra Carta la valutazione «caso per caso» da parte del Tribunale competente.

COSPITO PUÒ finalmente riprendere a mangiare a pieno regime (aveva già ricominciato ad assumere alcuni alimenti proprio in attesa di questa sentenza), dopo i tanti no ricevuti da più Corti e anche dal ministro Nordio. La decisione della Consulta non inciderà però sul regime penitenziario 41 bis cui Cospito è sottoposto, perché il cosiddetto «carcere duro» può essere applicato anche a reclusi con pene più brevi di quella che rischiano i due detenuti appartenenti alla Federazione anarchica informale.

Durante l’udienza pubblica che si è svolta ieri mattina in Consulta (relatore, il giudice Amoroso), l’avvocatura dello Stato aveva sostenuto che il riconoscimento dell’illegittimità costituzionale della norma in questione avrebbe potuto portare «un vulnus nel sistema», perché «potrebbe aprire la strada al riconoscimento della lieve entità anche per altri reati di pericolo astratto, come l’associazione mafiosa». La Corte non ha accolto la tesi, dando invece ragione all’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini. Il quale oggi vedrà il suo assistito: «Ha perso la capacità di deambulare e 50 chili di peso – riferisce – vedremo come procedere adesso».

SECONDO L’ASSOCIAZIONE Antigone, la decisione della Consulta «stabilisce definitivamente che la pena deve corrispondere alla gravità del reato. Non è possibile trattare allo stesso modo casi in cui ci sono morti e casi in cui, invece, non ci sono stati neanche feriti», ha dichiarato il presidente Patrizio Gonnella. Che aggiunge: «Passo passo la legge ex Cirielli, che era obbrobrio giuridico in evidente conflitto con l’art. 27, è stata demolita. Ci auguriamo che la rideterminazione della pena, a questo punto conseguente, porti anche il ministro della Giustizia Nordio ad una rivalutazione relativa al regime 41-bis in cui Cospito è attualmente detenuto».