L’undicesima giornata di sciopero contro la riforma delle pensioni di Macron è arrivata in uno strano momento di attesa, sospesa tra la fallimentare riunione tra i sindacati e la prima ministra Élisabeth Borne, naufragata mercoledì in meno di un’ora, e il responso del Consiglio costituzionale, che il 14 aprile dovrà decidere se bloccare la riforma, censurarne una parte, o approvarla definitivamente.

Nel frattempo, la partecipazione ai cortei sindacali è leggermente in calo: 400.000 persone a Parigi secondo i sindacati, contro circa 450.000 il 28 marzo (rispettivamente, 57.000 e 93.000 secondo la prefettura). Una tendenza simile si è registrata nelle altre città francesi e nelle più di 370 mobilitazioni in giro per il paese. Se le grandi manifestazioni sembrano subire un leggero calo, dopo quasi un mese di scioperi e tre mesi di proteste, tuttavia, le azioni, i blocchi e le astensioni dal lavoro si moltiplicano, così come le occupazioni di licei e università.

IL SINDACATO STUDENTESCO La Voix lycéenne ha comunicato che più di 450 licei sono stati bloccati dagli studenti, un record dall’inizio della mobilitazione, mentre tantissime università erano in mobilitazione in tutte le grandi città. Nel nord-ovest del paese i manifestanti hanno bloccato tangenziali e superstrade, mentre nella banlieue parigina l’inceneritore d’Ivry, il più grande d’Europa, ha dovuto spegnere le ciminiere l’altro ieri sera in seguito ai blocchi dei sindacati. Un preludio al rilancio della mobilitazione degli spazzini parigini, per i quali la Cgt – il sindacato più presente nel settore – ha depositato un «preavviso di sciopero illimitato» a partire dal 13 aprile.

ALLA RAFFINERIA TOTAL di Normandia, la più grande del paese, la Cgt è riuscita a far annullare le precettazioni ordinate dal governo, grazie a un tempestivo ricorso in tribunale. Dopo settimane di sciopero, infatti, le stazioni di servizio parigine cominciavano a raschiare il fondo delle scorte di benzina, cosa che aveva spinto il ministero degli Interni a imporre la serrata. Una «lesione grave e palesemente illegale del diritto di sciopero», ha sentenziato il tribunale amministrativo di Rouen. «Una buona notizia: ora le consegne di carburante sono di nuovo ferme!» ha esultato su Twitter Alexis Antonioli, delegato sindacale dello stabilimento.

Ai lavoratori del settore petrolchimico si sono aggiunti i ferrovieri, che hanno occupato i binari di alcune stazioni nella regione parigina e invaso la sede del fondo d’investimento BlackRock, mentre i lavoratori dell’energia hanno abbassato la produzione un po’ ovunque nel paese. A Lione, la Cgt Energie ha staccato la luce alla prefettura locale. «Abbiamo deciso d’imporre la sobrietà energetica », hanno dichiarato i lavoratori mobilitati.

PIÙ PASSANO I GIORNI, più il divario tra sindacati e governo sembra farsi voragine, fino a includere persino gli elementi lessicali: così, persino la parola «crisi» diviene oggetto del contendere. «C’è una crisi democratica e c’è una crisi sociale», ha detto all’inizio della manifestazione parigina la neoeletta segretaria della Cgt Sophie Binet. «È una crisi molto grave. Il governo ha perso completamente la connessione col paese». Emmanuel Macron, citato da Le Monde durante la visita in Cina, ha invece negato l’esistenza stessa di una «crisi», rivendicando di essere stato eletto democraticamente «seppur con una maggioranza relativa». Una mancanza di aderenza alla realtà giudicata «inquietante» da Laurent Berger, il capo della Cfdt, il sindacato più moderato. Per quest’ultimo, la crisi c’è eccome, nella forma di uno scollamento «tra la democrazia politica e quella sociale».