Contro-sanzioni e blackout diplomatico: la Russia reagisce alla condanna globale
Palazzo d'inferno Mentre si sbriciola la speranza di un negoziato con Kiev, Mosca risponde al mondo: chiudiamo le ambasciate e i conti stranieri. Lo scontro si sposta anche sul web: Anonymous attacca, i social si piegano ai russi
Palazzo d'inferno Mentre si sbriciola la speranza di un negoziato con Kiev, Mosca risponde al mondo: chiudiamo le ambasciate e i conti stranieri. Lo scontro si sposta anche sul web: Anonymous attacca, i social si piegano ai russi
«Attacco in tutte le direzioni contro l’Ucraina», in risposta «al rifiuto di Kiev di negoziare». La Russia rimette l’alzo zero mentre il buio cala sulla terza giornata di invasione dell’Ucraina.
Non che l’attacco si sia mai davvero interrotto, e nonostante sia un’infamia mondiale, fino ad oggi non somiglia neanche lontanamente ai devastanti raid ai quali siamo stati abituati («bombardiamoli fino all’età della pietra», efficace espressione americana nata in Vietnam e riciclata in Iraq e Afghanistan).
Ma la notte precedente si era conclusa con il presidente ucraino Volodimir Zelensky che assicurava di «essere pronto a negoziare». Invece all’alba, più nessuna traccia del negoziato, impresa non semplice quando uno chiama l’altro «drogato neonazista» e quello non risponde perché è impegnato a salvare la pelle.
Il Cremlino ha affermato che Vladimir Putin «aveva ordinato lo stop dell’avanzata in attesa di possibili negoziati», ma dopo il rifiuto «l’operazione è ripresa». Versione opposta di Kiev: non abbiamo rifiutato niente, ma «non riceviamo ultimatum e condizioni inaccettabili» – e invitare Zelensky a deporre le armi e consegnarsi nella nemicissima Minsk non si possono nemmeno chiamare condizioni. Il Pentagono parla di «decine di migliaia di nuovi soldati» sul terreno, mobilitati anche i riservisti.
Mentre le sue truppe combattevano, Mosca costruiva e minacciava le sue contro-sanzioni. È toccato all’ex premier ed ex presidente Dimitri Medvedev (che ora è “solo” vicepresidente del Consiglio di sicurezza nazionale) affermare che «la Russia risponderà ai sequestri di beni all’estero facendo lo stesso con i fondi di compagnie straniere in Russia».
E magari una serrata diplomatica nei paesi che oseranno sfidarla: «Non abbiamo un reale bisogno di relazioni diplomatiche, è arrivato il momento di chiudere le ambasciate, le sanzioni sono una buona ragione per rivedere le nostre relazioni una volta per tutte».
Nel nuovo ordine globale che Mosca sta costruendo (o provocando) c’è spazio per un’ultima sinistra pennellata di Medvedev: dopo la sospensione dal Consiglio d’Europa, la Russia «potrebbe ripristinare la pena di morte».
Con l’Occidente che dibatte di sanzioni e cerca di schivarne gli effetti collaterali, a essere sanzionate davvero sono le navi russe. Una è stata bloccata dalla Francia nella Manica, forse di proprietà di una banca russa sanzionata. Altre rischiano di non poter tornare a casa: la Turchia di Recep Tayyip Erdogan ha messo in discussione il passaggio del Bosforo.
«È inaccettabile chiedere all’Ucraina di decapitare la propria leadership – ha detto il ministro degli esteri turco Cavusoglu – quindi applicheremo la Convenzione di Montreux».
Firmata nel ’36, regola i movimenti sullo stretto in tempo di guerra – ma non prevederebbe limiti per i paesi rivieraschi come la Russia, e nulla infatti è stato notificato a Mosca. Per ora la navigazione è rimasta indisturbata (o quasi: i russi hanno colpito per errore un mercantile giapponese che incrociava nel Mar Nero per i fatti suoi).
In una telefonata con il suo omologo russo Lavrov, il ministro Cavusoglu ha anche chiesto alla Russia di fermarsi e offerto Ankara per un negoziato. Atteggiamento che andrà decifrato: la Turchia è nella Nato ma compra armi dalla Russia, e generosamente.
Tra voci insistenti di cyberattacchi russi, Mosca incrocia i ferri anche con Big Tech. Alle compagnie di social media era stato intimato, la settimana scorsa, di mettersi in regola con la nuova legge che richiede tra l’altro di avere sede legale nel paese.
Apple, TikTok e Spotify l’hanno già fatto, Google lo sta facendo, Meta (cioè Facebook) e Twitter l’hanno fatto in parte – senza troppo rumore. Il motivo non è un sacrosanto prelievo fiscale: ora rischiano multe e rallentamenti se toccheranno i contenuti del Cremlino.
Facebook ha già sottoposto a fact-checking alcuni siti del governo russo e il regolatore del web Roskomndazor ha subito minacciato lo stop – ma fino a ieri sera il servizio sembrava normale. Fino ad ora è il sito del Cremlino a essere stato bloccato, a cura del gruppo hacker Anonymous, con rivendicazione sulla Cnn – e da qualche tv russa sarebbero partite canzoni in ucraino.
Mosca deve incassare anche nuovi aiuti militari all’Ucraina. Oltre ad armi anticarro dalla Germania e mitragliatori dal Belgio, il segretario di stato americano Antony Blinken ha annunciato altri 350 milioni di dollari in aiuti bellici all’Ucraina – e fa circa un miliardo solo nell’ultimo anno.
E anche i leggendari lobbisti statunitensi abbandonano la nave di Mosca: sono almeno sei le società di lobbying che negli ultimi giorni hanno interrotto i contatti con le lucrose società russe.
Più che un gesto di solidarietà, è la legge americana sul lobbismo – e la legge di mercato sulla reputazione: fare soldi con gli oligarchi russi è inaccettabile. Da tre giorni.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento