Dopo aver trasformato il continente in una fortezza circondata da muri e un grande fossato, i paesi europei si preparano a riempire le frontiere esterne di nuove zone in cui i diritti saranno sospesi e le deportazioni una minaccia costante. È l’immagine più forte del Patto europeo su immigrazione e asilo che viene fuori dall’assemblea conclusiva del festival Sabir.

«La proposta della Commissione replica un modello di sviluppo indifendibile mentre c’è bisogno di puntare su libertà di movimento, accoglienza e nuove forme di relazione con i paesi terzi», dice Sergio Basso (Cgil).

I punti più critici sono sottolineati da Sara Prestianni (Euromed Asylum): visti per i cittadini extra-europei subordinati all’accettazione dei rimpatri da parte degli Stati di provenienza; permanenza del regolamento di Dublino; approccio hotspot rinforzato; detenzione all’arrivo. «L’80% dei migranti che sbarcano in Italia o Spagna sarebbero costretti a fare la procedura accelerata di richiesta d’asilo privati della libertà personale. Bambini compresi. Qui da noi servirebbero 20mila posti nelle strutture di reclusione: la proposta della Commissione oltre a violare diritti fondamentali è irrealizzabile», afferma Prestianni.

L’assemblea si è svolta nell’aula magna dell’Università del Salento, combinando interventi in presenza e da remoto. Per l’Italia hanno partecipato Arci, Asgi, Caritas, Acli, Cgil, Unire, Italiani senza cittadinanza, Conngi. Numerose le organizzazioni europee: Greek forum of refugees, Human Rights Watch, Migreurop, European Civic Forum, Solidar, Action Aid Spagna, Oxfam Spagna e tante altre. Tre gli interventi istituzionali: Brando Benifei e Pierfrancesco Majorino (europarlamentari Pd), Majdi Karbai (deputato tunisino).

«Serve una coalizione tra chi fa vertenza a livello nazionale e chi porta le rivendicazioni a livello europeo», ha detto Filippo Miraglia (Arci immigrazione) delineando l’obiettivo del confronto. Sullo sfondo c’è la consapevolezza che alla fine, più che la Commissione, saranno i governi a decidere. «Per questo è necessario contrastare il Patto attraverso un lavoro coordinato tra le reti che già esistono nella maggior parte dei paesi membri», continua Miraglia.

È questa la proposta politica che Sabir lancia per i prossimi mesi, al termine di tre giorni intensi di festival. Tra il 28 e il 30 ottobre 43 eventi hanno animato il centro della città di Lecce facendo incontrare e discutere 500 partecipanti presenti dal vivo e altri 1.000 collegati online. È stata l’edizione del ritorno in presenza, dopo quella dello scorso anno che si è svolta in forma completamente virtuale.

Tanti i temi trattati: dalla crisi afghana alla piaga del caporalato, dai canali di accesso legali all’utilizzo dei fondi destinati ai paesi di transito. Sulle diverse questioni pesa come un macigno il futuro del Patto che, è sentire comune delle realtà organizzatrici e dei partecipanti, può dare il colpo di grazia all’idea di Europa come spazio di diritti e libertà.