Sono stati tutti scarcerati gli otto attivisti per i diritti umani arrestati lo scorso 5 luglio ad Istanbul, tra i quali anche Idil Eser, direttrice di Amnesty Turchia. La decisione dei giudici è arrivata alla mezzanotte locale dopo una giornata di interrogatori ed una camera di consiglio che ha fatto restare tutti con il fiato sospeso. Decisione opposta invece per Taner Kilic, presidente di Amnesty Turchia, a cui il tribunale di Smirne ha prolungato la detenzione preventiva. Kilic affronta accuse più pesanti rispetto agli altri attivisti, accusato di essere uomo dell’imam Fetullah Gulen, che le autorità turche considerano responsabile del tentato golpe. Tra le presunte prove a suo carico l’uso dell’applicazione per smartphone Bylock, utilizzata dai gulenisti, e il possesso di un conto presso Bank Asya, collegata all’impero di Gulen. Ma secondo due perizie indipendenti commissionate da Amnesty Bylock non è mai stata scaricata sul telefono di Kilic. Ciò nonostante e dopo i cinque mesi già trascorsi da Kilic in detenzione, i giudici hanno accolto la richiesta di proseguire la detenzione per consentire alla procura di raccogliere ulteriori elementi a carico.

Ad Istanbul la procura aveva invece chiesto il rilascio di tutti gli attivisti arrestati ad eccezione di Veli Acu, membro dell’associazione Agenda per i diritti umani, che abbiamo raggiunto per un’intervista.

Perché la procura ha chiesto la conferma del tuo arresto?
Se guardiamo ai documenti, le accuse contro i miei colleghi sono molto più pesanti: Idil è accusata di essere l’organizzatrice di questa assurda cospirazione, e i due attivisti stranieri di spionaggio. Eppure il procuratore ha chiesto la mia detenzione. Io e il mio avvocato ne abbiamo discusso: probabilmente perché sono curdo e per i molti contatti con l’attivismo Lgbt, accusato di contatti con il Pkk. Per via della mia etnia sono un bersaglio facile.

Com’è stato il carcere?
Ho trascorso i primi 28 giorni in isolamento totale, che è una forma moderna di tortura. Le uniche persone che incontri sono le guardie, istruite per annullare ogni umanità. Non parlano mai, non ti trattano come un essere umano. Potevo parlare con mia moglie solo ogni due settimane. L’unico modo per sopravvivere è stato camminare e leggere, tutto il giorno. Avrò letto una trentina di libri, nella biblioteca del carcere ce ne sono molti donati ai giornalisti di Cumhuriyet qui detenuti, altri me li ha portati il mio avvocato. Anche sapere che fuori ci sono amici che ti sostengono è stato importantissimo. Tutto il movimento di solidarietà è fondamentale per chi è dentro. Ti aggrappi al pensiero di chi è fuori e ti aspetta.

Ora sei libero, anche se in attesa di processo…

Impressiona vedere come ci si disabitua velocemente alla libertà. Mi sento ancora sotto shock, mi servirà un po’ di tempo. Per ora mi basta stare con la mia famiglia, anche se non ho ancora potuto vedere mia moglie, che è incinta e partorirà tra due settimane: poter vedere nascere mio figlio è una vera gioia. E poi voglio tornare al lavoro.

Tornerai a lavorare per le Nazioni unite?

Spero di sì. In questi mesi mi hanno sostenuto molto, continuato a pagarmi lo stipendio. Tra due giorni ci siederemo ad un tavolo per parlarne, forse mi chiederanno di frenare sulle mie attività di difensore dei diritti umani. Ma questo è quello che sono, quello che ho sempre fatto e oggi più che mai sono convinto dell’importanza di continuare il mio impegno. Non importano le conseguenze, che lavoro faccio o in quale paese vivo. L’unica certezza è che continuerò ad essere un attivista per i diritti.

Il tuo è un volto diventato famoso, in molti ti hanno sostenuto, ma altri invece ti hanno attaccato. Temi per la tua incolumità?

Tutti mi dicono che sono famoso, ma io non ne so nulla. Quel che so è che continuerò ad essere ciò che sono stato, senza paura. Quando cominci questo percorso in Turchia sai cosa può succedere. Credimi non è stata una sorpresa che io sia finito in carcere per quel che faccio. Ci sono persone uccise alla luce del sole per aver difeso attivamente i diritti umani. Io mi sento ancora fortunato ed ora sono più forte di prima.