Il concorso per 63.712 insegnanti è iniziato ieri in un’atmosfera elettrica. Di primo mattino sui social è scattato l’allarme a Roma e a Palermo. I carabinieri sarebbero stati chiamati a seguito di denunce di irregolarità da parte di alcuni candidati. Si è mossa la politica. Silvia Chimienti del Movimento Cinque Stelle ha chiesto chiarimenti. Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia) ha rincarato la dose.

Il ministero ha smentito. Alla fine la prima giornata delle prove d’esame che dureranno fino al prossimo 31 maggio e coinvolgono più i 165 mila docenti abilitati è andata in porto. Ma restano aperti tutti i nodi. La mancata comunicazione ai candidati delle griglie di valutazione, ad esempio, e l’incognita legata alla composizione delle commissioni e ai compensi dei professori selezionati come commissari esaminatori.

«Le migliaia di partecipanti meriterebbero maggiore trasparenza e organizzazione», sostiene Rino Di Meglio, coordinatore della Gilda degli Insegnanti. La ministra dell’Istruzione Stefania Giannini ha colto l’opportunità, definendo il concorso «storico, il più grande della scuola italiana». Valutazioni imprecise a parte, in realtà i 63.712 che entreranno in ruolo da settembre non sono nuove assunzioni, ma corrispondono alla copertura del turn-over per sostituire i docenti che andranno in pensione. Nei 3 miliardi di euro «investiti ogni anno» dal governo, così ha detto Giannini, non c’è un nuovo investimento. «È uno spot elettorale sostenere che si torna al rispetto della Costituzione», sostiene Di Meglio. L’ultimo concorso si è infatti svolto nel 2012.