È necessario approfittare dell’attuale, sconclusionato, dibattito intorno al «reddito di cittadinanza» penta-leghista per rifiutare i crampi dell’immaginazione e sfidare le miserie, governative ed economiche, del presente. Perché il reddito di base, nell’auspicabile percorso evolutivo dal reddito minimo garantito al reddito universale e incondizionato, è da intendersi prima di tutto come lo strumento di sicurezza sociale all’altezza delle attuali forme di vita nelle economie capitalistiche, come in parte lo furono l’istituzione dell’assistenza pubblica e della previdenza sociale, fino al precedente ciclo degli Stati sociali nazionali.
Qui si vuole anche affermare, con nettezza, che il reddito di base non deve essere inteso solamente come una pur necessaria e fondamentale «lotta alla povertà», ma come innesco di processi di autodeterminazione individuale e promozione di una nuova idea di società, che sappia tenere insieme emancipazione e solidarietà, autonomia e cooperazione, libertà di scelta della propria attività lavorativa e di rifiuto di lavori indegni, insicuri, malpagati.

In questo senso, la pur necessaria e fondamentale lotta alla povertà e all’esclusione sociale diviene solo un primo passaggio per un pieno sostegno all’autonomia dei singoli percorsi esistenziali in un quadro di solidarietà collettiva. Per potere pronunciare un collettivo No ai ricatti, che sia soprattutto un Sì alla reale e concreta libertà di ciascuno. Per rigettare un presente di vite logorate dal lavoro (povero, servile, insicuro, precario) e dalla sua mancanza (come percezione di retribuzione, sicurezza, inclusione, ruolo sociale). Per non lasciare le persone isolate nella deprivazione economica, sociale, relazionale che genera paura, insicurezza, depressione, quindi rancore, risentimento, rabbia e odio, portatori in tutte le epoche di nazionalismi, xenofobia e durature, insopportabili, miserevoli lotte tra poveri.

Due secoli fa, Thomas Paine proponeva una dotazione universale come riconoscimento di una giustizia agraria (Agrarian Justice, 1797), contro lo sfruttamento dei ceti contadini. Ora è il tempo di pensare il reddito di base come istituzione di una garanzia sociale al tempo degli immensi monopoli digitali sulla comunicazione in rete.

Una giustizia digitale (Digital Justice), concreto architrave del futuro WebFare, in cui piattaforme digitali abilitanti tra materiale e immateriale permettano un Welfare del comune, un fare in comune, il Commonfare, nell’ottica del mutuo aiuto, di una nuova solidarietà tra pari, in relazione ecologica tra essere umani e macchine, per una distribuzione più equa delle ricchezze collettivamente prodotte. Dal superamento dell’antico regime feudale e della rendita fondiaria, alla critica radicale della rendita digitale e dello sfruttamento delle nostre vite, per un futuro contro e oltre l’attuale capitalismo.

Si tratta allora, anche, di azzardare una plurale e molteplice forza – culturale, sociale, economica, politica – trasformativa della mentalità e dei rapporti sociali esistenti, con una visione sul futuro edificata intorno al reddito di base inteso come nuova istituzione, per un allargamento delle tuteli sociali: una «politica generativa» di nuove relazioni sociali, in un rapporto fiduciario tra persona e istituzioni, che accresce le condizioni di autonomia individuale e di solidarietà sociale, situandosi oltre la tradizionale, antitetica, alternativa tra «Stato» e «mercato». Certo le istituzioni pubbliche esistenti dovrebbero favorire una redistribuzione delle ricchezze prodotte dalla cooperazione sociale e saccheggiate dalle piattaforme digitali proprietarie, riducendo la polarizzazione delle diseguaglianze tramite maggiore equità fiscale e la garanzia multilivello e modulare, dalle città alle istituzioni euro-unitarie, di un reddito di base che permetta di dettare i propri tempi nell’innovazione sociale e tecnologica. Per rendere operativo un investimento istituzionale ed economico sulle potenzialità inespresse delle persone, dentro una riappropriazione della rivoluzione digitale come possibilità di gestire altrimenti tempi di vita, lavoro, socialità. Tenendo insieme rigenerazione esistenziale e ripensamento ecologico del pianeta, immaginando ancora una volta, con l’Herbert Marcuse di Eros e civiltà, gli spazi collettivi di un’esistenza quanto più possibile «senza paura e senza angoscia, quindi la manifestazione stessa della libertà». A partire dal reddito di base, universale e incondizionato.

* Basic Income Network-Italia (Bin), autore di «Reddito di base nell’era digitale» (Fefé editore)