«50 migranti arrivati illegalmente sul suolo britannico verranno inviati nei prossimi giorni in Ruanda» ha dichiarato questo venerdì il premier britannico Boris Johnson sulle colonne del tabloid nazionale Daily Mail.
Diventa quindi operativo il controverso accordo, firmato lo scorso mese tra Londra e Kigali, che consente al governo britannico di spedire nel piccolo paese dell’Africa orientale i migranti entrati “illegalmente” via mare, indipendentemente dal loro paese di origine e dalla possibilità di poter fare richiesta di asilo. Unica eccezione è quella relativa ai minori non accompagnati, che verranno accolti da Londra.

IL PROGRAMMA di «rimpatrio e cooperazione» ha suscitato ondate di indignazione all’interno della classe politica ruandese e britannica, nonché tra numerose Ong: tutti denunciano «un problema di etica, diritti umani e costi». Dure le accuse da parte dell’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) che dallo scorso mese si è opposta al piano di «esternalizzazione degli obblighi di asilo in un paese terzo a migliaia di chilometri dal territorio di approdo».
«I profughi non sono merce – ha affermato Gillian Triggs, assistente dell’Alto Commissario dell’Unhcr – per questo l’Onu rimane fermamente contraria ad accordi che cercano di trasferire rifugiati in paesi terzi, in assenza di salvaguardie e standard sufficienti, con accordi contrari allo spirito della Convenzione sui Rifugiati».

BORIS JOHNSON difende questa misura indicando che vuole scoraggiare potenziali «nuovi candidati per la pericolosa traversata così come i contrabbandieri» (28mila persone sono entrate in Gran Bretagna via mare nel 2021, rispetto alle 8.500 del 2020, con decine di morti in mare). La ministra dell’interno del Regno unito, Priti Patel, ha affermato che «l’attuale status quo è inaccettabile e questa è una soluzione innovativa per risolvere il problema dell’immigrazione clandestina».

In Ruanda il progetto ha conquistato le autorità per la possibilità di trasformare l’immagine del paese in «una terra di accoglienza», oltre che per il finanziamento promesso da Londra: circa 144 milioni di euro nei prossimi 5 anni. «Non appena il Regno unito sarà pronto a inviare il primo gruppo di richiedenti asilo, saremo pronti ad accoglierli – ha affermato Vincent Biruta, ministro degli esteri ruandese -, abbiamo messo in atto tutti i meccanismi necessari per poter elaborare il processo di richiesta di asilo e stiamo lavorando sulla logistica relativa a alloggi e lavoro».

IN RUANDA, in questi giorni, si sono alzate alcune voci per denunciare l’accordo. Uno dei principali oppositori è il deputato del partito democratico verde Frank Habineza. «Siamo contrari a questo tipo di accordi, siano essi con la Danimarca, il Regno unito o Israele». «Siamo firmatari della Convenzione delle Nazioni unite sui rifugiati e consideriamo disumano e contrario ai diritti umani spostare persone in un paese che non hanno scelto», ha dichiarato.

Le precedenti politiche di invio di migranti all’estero sono state molto controverse. Dal 2013 l’Australia ha iniziato a inviare i migranti che tentavano di raggiungere il paese verso Papua o il minuscolo atollo di Nauru. Una politica sull’immigrazione che ha interrotto la rotta oceanica del traffico di esseri umani dal sud-est asiatico, ma che è stata criticata come «una crudele abrogazione degli obblighi internazionali dell’Australia».
Anche Israele ha inviato, tra il 2014 e il 2017, diverse migliaia di profughi africani in Ruanda e Uganda nell’ambito di un programma «volontario» segreto e si ritiene che nessuno di loro si sia stabilito in Ruanda: la maggior parte dei profughi sono partiti, diretti nuovamente verso l’Europa.