I banchetti per la raccolta firme sono già pronti: li vedremo nelle strade e nelle piazze di tutta Italia da sabato prossimo, 9 aprile. Dopo la consultazione nei posti di lavoro, adesso la Carta dei diritti della Cgil è chiamata alla sfida più delicata: convincere i cittadini a sostenere la proposta di legge popolare che poi dovrà approdare in Parlamento. E che dovrebbe sostituire, almeno secondo i desiderata del sindacato, lo Statuto del 1970 e insieme correggere tutte le distorsioni introdotte dalle norme successive, dalla legge 30 al Collegato lavoro, fino al Jobs Act.

Agli stessi gazebo sarà possibile firmare anche per i tre quesiti referendari promossi dalla Cgil, su licenziamenti, voucher e diritti negli appalti.

I rapporti del sindacato con il governo e il Pd sono in questa fase ai minimi storici. L’ultima chicca, solo qualche giorno fa, quando il presidente del consiglio Matteo Renzi ha regalato l’ennesimo endorsement all’amministratore delegato della Fca: «Io penso che in questo paese abbia fatto più Marchionne, più alcuni imprenditori, che certi sindacalisti», aveva detto. Sferrando una sorta di pugnalata a freddo, non essendo aperta in quei giorni nessuna polemica specifica con le organizzazioni dei lavoratori.

La firma sotto la Carta dei diritti e i tre quesiti referendari, sarà insomma non solo un modo per poter affermare nel Paese i temi cari alla Cgil – il rispetto del lavoro, qualsiasi sia il governo – ma anche, più specificamente, l’ok all’”antidoto” anti-Renzi formulato dal sindacato di riferimento della sinistra. Che vuole proporre agli italiani un’agenda e dei contenuti alternativi a quelli del premier.

Ieri la segretaria Susanna Camusso, lanciando l’iniziativa in una intervista a Radio Articolo 1, lo ha fatto capire in modo chiaro: «La firma di un cittadino o di una cittadina è la forza di noi tutti: la prima ragione per sottoscrivere la proposta di legge sulla Carta dei diritti è offrire al paese un’altra strada di politica economica – ha spiegato alla radio – Vogliamo un’altra strada di distribuzione della ricchezza, che parta dal lavoro e dal suo riconoscimento: la dignità di chi lavora e invece di vedersi riconosciuto riceve in cambio un voucher».

«Il 2016 è l’anno in cui ci siamo detti “così non ce la facciamo più” – ha poi insistito Susanna Camusso – Non si può rimanere in posizione di difesa. Proviamo a cambiare le cose a tutto campo, a proporre un nuovo modello di relazioni industriali, dicendo alle nostre controparti che l’attacco alla contrattazione non funziona. E basta con la logica che quando c’è un paese in difficoltà si tagliano diritti e aspettative, si tagliano le pensioni».

La ricetta anti-renziana c’è, insomma, e anche la voglia di proporla al Paese, ma resta il problema di una politica che non fa più da “sponda”: la sinistra divisa in mille rivoli, i Cinquestelle troppo distanti, un Pd sempre più “Partito della Nazione” che preferisce Marchionne & i manager ai delegati in tuta blu, in cuffietta o in partita Iva. Una straordinaria occasione per affermare i propri temi in autonomia, certo, ma che rende il lavoro quotidiano molto più faticoso.

I banchetti saranno presenti non solo nelle città capoluogo, ma in tantissime altre piazze, anche le più piccole. Sabato 9 Susanna Camusso sarà al gazebo di Piazza San Babila, a Milano: e come lei tanti altri segretari, confederali, di categoria e locali, faranno da testimonial lungo tutto lo Stivale. Tre mesi per raccogliere le 500 mila firme necessarie alla presentazione dei tre quesiti, sei mesi per le 50 mila minime di sostegno alla proposta di legge.

Nello stesso tempo la Cgil sarà impegnata insieme a Cisl e Uil in tante piazze: il 20 aprile lo sciopero dei metalmeccanici, l’1 maggio il corteo a Genova e poi il Concertone a Roma; il 6 maggio lo sciopero di turismo, servizi, pulizie, farmacie e terme, indetto ieri. Il 19 maggio la manifestazione per le pensioni in Piazza del Popolo.