Con l’emanazione del tanto atteso decreto attuativo del Mase e la predisposizione del Portale Gse per la gestione tecnico-amministrativa, è partita la stagione delle Comunità Energetiche Rinnovabili Cer. L’obiettivo è di 5 GW al 2027, con una proiezione al 2030 di 10 GW, più o meno un decimo della capacità richiesta dall’Europa all’Italia per gli obiettivi sul clima. A tale obiettivo va infatti anche sommato quanto previsto dal Pnrr per i Comuni al di sotto dei 5000 abitanti, altri 2 GW di piccoli e medi impianti per qualcosa come 20.000-30.000 Cer. Inoltre, le Cer si riferiscono all’autoproduzione e all’autoconsumo, di fatto aumentando consapevolezza e consenso sul tema dell’energia e contribuendo agli obiettivi 2030 al di là dei target di potenza.

IN ATTESA DEI PROVVEDIMENTI, le Cer in Italia sono oggi meno di un centinaio, numero frenato dalle incertezze su una serie di aspetti, finalmente chiariti: il ruolo delle grandi imprese che si è definito non poter essere membri della Cer, ma solo produttori esterni; il rispetto o meno della taglia unitaria di 1 MW anche in caso di iniziative diverse facenti capo alla medesima Cer; la compatibilità con la normativa in materia di aiuti di stato del vincolo imposto sul valore eccedente il 55% dell’energia condivisa incentivabile rispetto al totale dell’energia immessa, eccedenza ora destinata ai soli consumatori diversi dalle imprese o reinvestita per finalità sociali. Ed infine, la conferibilità alla Cer degli impianti fotovoltaici esistenti.

LE CER HANNO CARATTERISTICHE IMPORTANTI come la valorizzazione del territorio in cui sorgono, una coincidenza geografica tra produzione e consumo che è ulteriore risparmio di energia, i benefici di natura sociale, come ad esempio il contrasto alla povertà energetica. Le Cer sono un esempio di solidarietà e giustizia, caratteristica fondamentale del nuovo modello energetico. Infatti, per interpretare il significato dirompente delle Cer, bisogna andare oltre le logiche della speculazione finanziaria, agendo anzitutto sulle cause strutturali delle disuguaglianze e delle iniquità, eliminando ogni forma di lucro. Ma occorrerà, dopo una prima fase sperimentale, provvedere ad alcune modificazioni legislative per rendere lo strumento ancora più efficace.

ALLO STATO ATTUALE LA VALORIZZAZIONE sotto forma di incentivi interessa solo l’energia elettrica rinnovabile condivisa, mentre dovrebbe riguardare anche la quota parte di energia termica rinnovabile, e includere l’uso di tutte le tecnologie rinnovabili. La legge non specifica la tecnologia rinnovabile da adottare, ma nella maggior parte dei casi quella che si presta a sfruttare più facilmente i vantaggi del provvedimento è il fotovoltaico.

IL MECCANISMO DELLA CONDIVISIONE dell’energia autoprodotta impone di far coincidere il più possibile i momenti in cui si produce energia elettrica e quelli in cui la si consuma, con profili caratterizzati da un andamento piuttosto simile, con un autoconsumo condiviso che dovrebbe essere non inferiore al 70% per massimizzare gli incentivi. Per far questo, devono essere utilizzati sistemi di accumulo dell’energia e della flessibilità della domanda (la cosiddetta demand response), i quali avranno la necessità, almeno in una prima fase, di essere inclusi nel supporto finanziario. Condividere l’energia autoprodotta all’interno della Cer significa svincolarsi dal mercato, con tutto quello che questo comporta: autonomia, indipendenza, sviluppo industriale.

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LE CER SVOLGONO UN RUOLO FONDAMENTALE per lo sviluppo del territorio in cui sorgono. In presenza di più Comunità sottostanti ad una stessa cabina primaria è utile che nascano entità finalizzate alla gestione aggregata di Cer, le Comunità Energetiche del Territorio (Cet), come definite dal Forum Italiano sulle Comunità Energetiche (Ifec). Nella Cet la valorizzazione delle risorse del territorio sono più evidenti, attraverso una gestione coordinata delle diverse Cer, con la condivisione dei singoli apporti dei membri pubblici, privati ed industriali nell’ambito di un’unica cabina di regia che può risiedere in una delle Cer del territorio. La Cet facilita il rapporto tra pubblico e privato, tra singolo cittadino e istituzione, con le aziende coinvolte che su un territorio più ampio sono maggiormente invogliate a prestare le loro attività: si pensi ad esempio alle installazioni fotovoltaiche localizzate nelle zone industriali oppure alle aziende agricole che vogliono partecipare alla produzione di energia attraverso l’utilizzo di reflui zootecnici o con impianti agrivoltaici.

LA CET ESPLICA ANCHE IL RUOLO di aggregatore, cioè di un soggetto per l’ottimizzazione dei profili energetici della domanda e della offerta in modo da valorizzare la condivisione dell’energia. L’individuazione di un centro di coordinamento delle Cedr di una stessa cabina primaria, soprattutto nelle aree interne dove si arriva a comprendere fino ad una decina di Comuni diversi, diventa fondamentale per la valutazione dei costi ambientali e sociali. Infatti, per la loro conformazione materiale e immateriale, le aree locali diventano il luogo ideale per applicare e sperimentare lo strumento delle Comunità dell’energia, in ogni dimensione territoriale, dai borghi, alle zone industriali, alle zone agricole. Riconquistando un ruolo, sia per dimensione che per tradizione, rispetto alla condivisione di esperienze territoriali innovative.

IL TEMA DELLA INNOVAZIONE, infine, giocherà un ruolo importante nelle Cer. Le comunità dell’energia coinvolgono settori diversi che già operano per l’innovazione e che in questo caso possono trovare la sperimentazione in campo: la digitalizzazione dell’energia sempre più capillare fino a raggiungere la singola persona (con dati open access), la flessibilità dell’offerta (che deve essere conformata in relazione alla crescente diffusione delle fonti rinnovabili) e della domanda di energia (da proporsi in forma aggregata, condividendo profili di utenza intelligenti), la decentralizzazione delle produzioni e dei sistemi energetici, i sistemi di accumulo dell’energia, l’utilizzo di nuovi vettori energetici, come ad esempio una elettrificazione profonda anche per i consumi residenziali e l’uso dell’idrogeno verde.

*prorettore alla Sostenibilità, Sapienza Università di Roma