Insegna il pensiero ecologista che riceviamo il pianeta in custodia, con il dovere di consegnarlo alle generazioni future. Per un amministratore locale vale in certo modo lo stesso: le città sono organismi complessi, ricchi di diversità, che occorre preservare nella loro capacità di dispiegare vita, idee, sperimentazioni. Alcuni luoghi più di altri hanno questa vocazione generativa: i centri sociali sono fra questi. Anche se non siamo più in quegli anni Novanta nei quali furono esperienza senza eguali, nuova forma della politica e del lavoro sociale, incubatori di autoproduzioni culturali, oggi in alcune delle nostre comunità continuano a rappresentare importanti punti di riferimento per fasce del mondo giovanile e della creatività artistica fuori dal mainstream.

Nelle loro contraddizioni – interne e con il «mondo esterno» – gli spazi occupati ci chiedono capacità di discernimento, coraggio di leggere fenomeni che non sono riducibili pigramente ad azioni illegali alla quali rispondere con sgomberi e repressione. Una città ricca di storia democratica come Torino, culla del conflitto sociale di matrice operaia che è stato motore di sviluppo economico e civile nel Novecento, farebbe torto alla propria identità se non provasse a cercare strade innovative per relazionarsi con quella parte di sé rappresentata da un centro sociale come Askatasuna. Non serve condividerne il profilo politico né esserne frequentatori per capire che una sua eventuale fine traumatica non porterebbe ad alcun miglioramento per la vita del quartiere e della città tutta.

Noi amministratori di sinistra sappiamo bene che nessuno ci fa sconti: non la destra, non i poteri economici ma nemmeno i movimenti sociali più radicali, che in una società aperta e plurale devono poter esprimere in totale libertà la loro «vis contestativa» anche nei nostri confronti. A Torino, come in tutte le grandi città a guida progressista, è e continuerà a essere così: sarebbe sciocco pensare – come ieri ha giustamente detto il sindaco Lo Russo – che si stia tentando un addomesticamento a uso del manovratore da non disturbare. No, quello che tentiamo, usando un regolamento comunale, è il consolidamento nella legalità di uno spazio di convivenza nonviolenta fra differenze, sfidando le maligne banalità dei sepolcri imbiancati.

*Assessore del comune di Torino, Sinistra Ecologista