Marcio Tavares, segretario della cultura del Partido dos Trabalhadores, ha vissuto in prima persona la campagna elettorale al fianco di Lula. Dopo la vittoria di misura, riflette sulla necessità di un lavoro culturale profondo per estirpare il sistema di odio e fake news che ha messo radici in un paese che ora ha bisogno di pace e conciliazione.

Lula fa festa con il suo popolo, preparandosi ai prossimi impegni da presidente, mentre il suo rivale resta in silenzio senza fare dichiarazioni: un bel contrasto…
Durante la campagna elettorale, Bolsonaro ha utilizzato risorse pubbliche e gli apparati dello Stato per accaparrarsi parlamentari, sindaci, per iniziative indebite direzionate al suo consenso. Il suo silenzio è conseguenza dell’autoritarismo, della mancanza di senso delle istituzioni, nel non riconoscere la sconfitta. Noi invece dobbiamo liberare la gioia: la vittoria si è realizzata in un campo molto squilibrato di forze e grazie a Lula e all’unità delle opposizioni abbiamo salvato il Paese dal baratro. Lula ha una forza e una vitalità fuori dal comune, una capacità di lavoro, coordinamento, motivazione, dialogo con vari settori della società che gli daranno le condizioni per governare e arginare il più possibile le tossine del bolsonarismo.

Dopo Bolsonaro si dovrà appunto battere il bolsonarismo: un lavoro culturale che riguarda tutti…
La cultura ha un ruolo fondamentale nel ricostituire un ambiente di espressione culturale e libertà artistica, per riprendere un po’ della brasilianidade che è stata umiliata in questi anni. Bisogna riprendere con forza gli stimoli della cultura. Un lavoro che include politiche pubbliche e altri segmenti politici per rafforzare i valori democratici: attraverso queste politiche, bisogna far sentire il peso del confronto tra autoritarismo e democrazia. Questo è l’impegno indispensabile.

In una recente intervista a questo giornale, Lula diceva di voler ricostruire il Brasile: dalla promessa ai fatti, bisognerà avere a che fare con un parlamento dove la destra ha una forte rappresentanza. Pensi sia possibile una rivoluzione culturale in questo contesto?
È pienamente possibile implementare politiche culturali anche in questo parlamento. Ad esempio, noi come opposizione e in minoranza siamo riusciti a far approvare leggi sulla cultura molto importanti, nonostante il contesto regressivo del governo Bolsonaro: leggi del periodo della pandemia come la legge Aldir Blanc II, che stanzia tre milioni all’anno per i prossimi cinque anni alla cultura e la legge Paulo Gustavo, che recupera e redistribuisce le risorse del Fondo Nazionale di Cultura che Bolsonaro voleva destinare al settore finanziario. Attraverso il dialogo con i settori più moderati, a partire da posizioni politiche diverse, troveremo le condizioni per cambiamenti significativi: non è facile, ma è possibile.

Non trovi che il bolsonarismo, la subcultura dell’odio, violenza, fake news, negazione della verità possa infiltrarsi anche nell’area democratica?
Non credo ci sia questo rischio. Nel secondo turno abbiamo avuto una reazione forte nelle reti sociali, ma diversa da quella della menzogna, della realtà parallela caratteristica del bolsonarismo. Noi, forse accendendo i toni, abbiamo ritratto una figura nella sua verità ripugnante. Adesso dobbiamo avanzare in legislazioni che, senza colpire le libertà di espressione, il diritto di opinione, promuovano un sistema di responsabilizzazione individuale e delle piattaforme che non possono pensare solo al lucro, ma hanno la responsabilità della formazione pubblica. Così diminuiremo molto l’impatto di queste reti sotterranee di bugie. Dobbiamo discutere i decreti regressivi che hanno smontato la cultura, fomentare e non perseguire la cultura e, come suggerisce il presidente Lula, creare comitati di cultura per ricostruire un progetto nazionale e internazionale.

«Meno armi più libri» diceva Lula nel suo discorso: sembra un’ovvietà, ma nel mondo dell’assurdo e dell’esaltazione delle armi diventa necessario non solo per il Brasile, ma anche per Europa e Usa, dove l’aumento di spese militari cresce esponenzialmente.
È arrivato il momento di investire nella vita e non in politiche di morte: dobbiamo occuparci della povertà e della fame in Brasile e nel mondo intero, migliorare le condizioni di vita, consentire l’accesso all’educazione di qualità e ai libri per costruire un ambiente di armonia e rispetto. I libri da soli non bastano, possono finire sugli scaffali, se non si trasformano nel piacere per la lettura, in più infrastrutture per l’educazione e il pensiero critico: costruendo un Paese di lettori e persone informate saremo certamente meno suscettibili a un “bolsonaro” del futuro. Questa è la sfida che abbiamo davanti.