Alle 9.30 ieri in piazza Annibale, nel cuore di Catania, ci sono già centinaia di donne. «L’8 marzo scioperiamo contro la violenza patriarcale che ogni giorno e in tutte le sue forme colpisce le nostre vite. Vogliamo trasformare la potenza del 25 novembre in un blocco della produzione e della riproduzione attraversando i luoghi dove la violenza patriarcale si esercita tutti i giorni, vogliamo opporci a un governo che tratta la violenza sulle donne e di genere come un problema securitario. Vogliamo opporci all’amministrazione e al sindaco» grida un’attivista di Non una di meno Catania dal camion che apre il corteo.

La risposta securitaria del sindaco Trantino allo stupro dello scorso 30 gennaio in Villa Bellini non sta bene a chi ieri ha attraversato le strade della città. Lo sciopero transfemminista a Catania ha, infatti, delle chiare parole d’ordine: «La sicurezza della città la facciamo noi con i nostri spazi, non chi ci governa. Abbiamo voluto declinare lo sciopero sulla questione degli spazi di autodeterminazione. Catania è il primo capoluogo in Sicilia per femminicidi e abbiamo solo due centri anti violenza in città e provincia. Questa è una città invivibile, gli spazi autogestiti sono una risorsa indispensabile» spiega Lara Torrisi del consultorio autogestito Mi cuerpo es mio. Su un cartello si legge: «Insuttari i fimmini è una molestia». Si riferisce alle affermazioni del sindaco, secondo cui «i ragazzetti che fischiavano ci sono sempre stati ma non lo andavamo a dire ai nostri genitori».

«Da queste affermazioni emerge l’incapacità del comune e dello stato di prevenire e combattere la violenza maschile – continua Torrisi -, di coglierne la strutturalità, di accettare che per fronteggiarla servono educazione e prevenzione». A Catania continuano a essere sgomberati consultori e centri anti violenza autogestiti, come lo Studentato 95100, di fronte al quale sfila il corteo di un migliaio di persone. I cori sono per le donne di Gaza. Di fronte al comune vengono depositate decine di gigantografie del sindaco con le sue affermazioni: «In Italia – interviene una donna – abbiamo un problema non soltanto con il colonialismo in Africa ma anche con il colonialismo interno. Non è accettabile che al sud solo il 10% dei bambini possano andare all’asilo. Chiediamo diritto alle cure, all’istruzione, diritto all’uguaglianza!».

Anche a Palermo il tema principale dello sciopero è stato la violenza di genere. Dietro un lungo striscione con scritto «sciopero contro la violenza patriarcale» hanno sfilato poco più di mille persone. Più piccolo il corteo di Messina. Altre iniziative a Gela e, al di là dello stretto, a Reggio, Lamezia e Cosenza.