Il giorno dopo la storica sentenza sui leader indipendentisti, la Catalogna si è risvegliata leccandosi le ferite di una giornata molto complicata. Dopo il blitz dei manifestanti all’aeroporto del Prat di Barcellona, lunedì sera, sono stati cancellati un centinaio di voli (quasi il 10%). La protesta era stata istigata da un misterioso collettivo apparso sulle reti (che comunica soprattutto via Twitter, 160mila followers e su Telegram, 250mila, e che da ieri ha anche una specifica app) chiamato «Tsunami Democràtic», che aveva invitato a bloccare l’aeroporto della capitale catalana.

Neanche la chiusura delle strade, il blocco di metro e treno, li ha fermati: in migliaia hanno raggiunto addirittura a piedi da Barcellona l’aeroporto lungo l’autostrada, fra turisti disperati con le valigie in mano. Una vera e propria odissea per i viaggiatori, un grande successo per i manifestanti. E forse anche per questo che la reazione della polizia è stata rabbiosa: sia i Mossos (che stavolta coordinavano l’operativo) che la Guardia Civil hanno preso a manganellate i manifestanti in varie zone dell’aeroporto.

IL BILANCIO (si è saputo ieri) è stato di 130 feriti, di cui uno che perderà un occhio. Con la stessa furia dispiegata il 1 ottobre 2017, giorno del referendum, la Guardia Civil ha usato pallottole di gomma che in Catalogna sono vietate da anni.

Ieri, sia gli indipendentisti e anticapitalisti della Cup che i Comuni di Ada Colau hanno chiesto spiegazioni al governo catalano per le cariche di lunedì: in molti hanno sottolineato l’ipocrisia di un president della Generalitat catalana Quim Torra che da un lato anima la protesta e dall’altro manda i poliziotti a picchiare quegli stessi manifestanti. Ineffabile come sempre la risposta della portavoce del Govern, Meritxell Budò: dice che «empatizzano» con le proteste, anche «energiche», come quella dell’aeroporto, ma che le cariche, in realtà, erano per «proteggere i diritti di tutti i manifestanti». Dietro la facciata, le divisioni sulla risposta da dare alla sentenza fra i due soci di governo, Esquerra Republicana e PdCat, è enorme, per non parlare della Cup: domani ci sarà una seduta speciale del Parlament e si vedrà se riusciranno a trovare una posizione comune.

Anche ieri ci sono state varie proteste, strade, autostrade e stazioni bloccate, che sono culminate in una marcia in centro a Barcellona davanti alla delegazione del governo e in varie altre città catalane, anche se la situazione nel complesso è stata meno caotica di lunedì, in serata la tensione stava aumentando. A Barcellona la polizia ha di nuovo caricato molte volte alcuni manifestanti che cercavano di avvicinarsi all’edificio governativo. Scontri si sono registrati anche a Lleida, Tarragona e Girona.

INTANTO A MADRID la Catalogna continua a essere usata come clava. Il ministro degli interni sta indagando su «Tsunami Democràtic» per capire chi c’è dietro. Per ora l’unico volto noto è quello dell’ex allenatore del Barça Pep Guardiola, che in un video legge un comunicato in loro nome chiedendo solidarietà internazionale.

I grandi partiti stanno delineando le nuove linee di azione in vista delle elezioni. Mentre Pablo Iglesias e Unidas Podemos hanno ribadito di essere l’unica forza politica di ambito centrale a ritenere un errore la decisione giudiziaria, Sánchez ha chiuso all’ipotesi di indulto per i condannati e chiesto esplicitamente a Pp e Ciudadanos di fare fronte comune contro le proteste in Catalogna. Il che ha ringalluzzito i due partiti di destra, che puntano a inasprire il codice penale perché anche quello che i giudici (arrampicandosi sugli specchi) hanno definito «sedición», possa essere qualificato come ribellione per far così scattare i massimi castighi. Non hanno ancora mandato giù che neppure i giudici del Supremo abbiano ravvisato colpi di stato e violenza programmata.

La settimana culminerà con uno sciopero generale convocato per venerdì da due piccoli sindacati filoindipendentisti.