La Breakthrough Science Society, un’organizzazione indiana che promuove la cultura scientifica, ha scritto un appello per la pace a Gaza firmato da un migliaio di scienziati di tutto il mondo. Tra i primi c’è il fisico italiano Carlo Rovelli, che con la scienza e la filosofia indiana vanta una lunga frequentazione. In questi giorni Rovelli è negli Usa, dove è stato appena pubblicato il suo ultimo saggio Buchi bianchi e dove lo ha raggiunto il manifesto.

Nei giorni scorsi il Foglio lo aveva accusato di aver giustificato Hamas. L’appello di oggi sgombra ogni dubbio: «condanniamo senza mezzi termini l’attacco sui civili israeliani e la cattura di ostaggi» si legge nel testo. Ma il fisico preferisce smarcarsi dalle polemiche. «Il problema non è condannare questo o quello» spiega. «Le condanne lasciano il tempo che trovano».

Professor Rovelli, qual è il problema allora?

Il problema è fermare i massacri e il dolore infinito che generano da ogni parte. Fermare le carneficine, sedersi a un tavolo, cercare soluzioni ascoltando gli altri. Non è una richiesta strana: lo hanno chiesto la grandissima maggioranza dei paesi del mondo nell’assemblea generale delle Nazioni Unite. Lo chiedono milioni di persone nelle piazze. Lo chiede il Papa e i leader di altre religioni. Lo chiedono tutti gli intellettuali ragionevoli. C’è solo una sparuta minoranza del mondo che invece vuole «risolvere» tutto a cannonate e portaerei. Purtroppo questa minoranza ha il potere delle armi e il potere della propaganda: i media italiani sono in gran parte asserviti a questo potere, nella pia illusione che sia quello che ci garantisce.

Però desta polemiche il fatto che dagli atenei di tutto il mondo arrivino più appelli per il cessate-il-fuoco su Gaza che di sostegno a Israele.

Ma è ovvio. La gente protesta perché chiede che le armi tacciano, non perché le armi sparino di più, come fanno ora quelle israeliane. In questo momento chi sta compiendo massacri è più di ogni altro l’esercito israeliano. Certo, non è l’unico: c’è un’ininterrotta scia di sangue, di guerre, massacri e carneficine che porta fin qui. Ma se ciascuno continua a guardare quelle del passato e a usarle per giustificare la vendetta, o a cercare di prevalere ammazzando tutti gli altri, il risultato è guerra infinita. L’unica cosa ragionevole è fermarsi ora come chiedono tutti, eccetto Israele e Stati Uniti.

Sbaglia chi vede un antisemitismo strisciante in queste prese di posizione?

È una baggianata colossale. Milioni di persone nelle strade a chiedere un cessate il fuoco, tra cui innumerevoli ebrei, sempre messi in risalto e applauditi nelle manifestazioni non solo non sono antisemitismo, ma il contrario: sono la prova che la maggior parte della gente vuole vivere in pace, senza odio né oppressione. Tutti vedono le ragioni di Israele: gli israeliani vogliono vivere in sicurezza, senza bombe o aggressioni e nessuno lo mette in dubbio. Il punto è che massacrare migliaia di palestinesi al ritmo di un bambino palestinese ucciso ogni dieci minuti nelle ultime due settimane non mi sembra un buon auspicio per la convivenza pacifica. È proprio chi sconsideratamente suggerisce che i milioni che chiedono pace siano antisemiti a soffiare sul fuoco della guerra e del razzismo. Ci sono fanatici da entrambi i lati di questo conflitto. Sono minoranze estreme che fanno i danni peggiori: ricordiamo che gli accordi di Oslo sono saltati anche perché un estremista israeliano ha ammazzato Rabin che lavorava per la pace e aveva stretto la mano ad Arafat.

Il vostro appello invita l’Onu a intervenire per un cessate-il-fuoco. Ma gli organismi internazionali appaiono impotenti.

Invece di ripetere che sono impotenti diciamo perché lo sono: sono impotenti perché una minoranza super-armata fa ciò che vuole e ignora le domande dei più. L’ironia più amara è che questa minoranza armata lo fa in nome della “democrazia”. Cioè, in nome della “democrazia” si agisce contro la maggioranza e si massacra. Qualcuno si è mai chiesto quanto sia ragionevole la pretesa di Israele di essere una democrazia? Una democrazia è un sistema di governo in cui chi è soggetto al potere di uno stato ha diritto di votare per il governo. I territori occupati da Israele, a Gaza e in Cisgiordania, sono soggetti al potere di Israele ma chi abita lì non vota. L’unico caso simile che conosco è il Sudafrica dell’apartheid: una democrazia sì, ma dove votavano solo alcuni e non i neri. Anche lì c’erano “territori con autonomia”: per i neri.

In assenza dell’Onu, cosa possono fare i governi o la società civile per avvicinare una tregua?

Il governo italiano può fare pressione sugli alleati americani. Sono loro che decidono e che hanno i cordoni della borsa di Israele a cui danno le armi e davanti alle cui coste mettono le portaerei per garantire l’impunità dei massacri a Gaza. Biden e Netanyahu giocano al poliziotto buono e al poliziotto cattivo: l’uno chiede all’altro di non esagerare, e l’altro gli risponde che farà il possibile. L’attuale primo ministro italiano si è fatto eleggere promettendo più autonomia in politica estera e ora è schiacciato sulle posizioni statunitensi. La risoluzione Onu che chiedeva un cessate il fuoco è stata votata da Francia, Spagna e Inghilterra: perché non da noi? La società civile può poco, dato il completo asservimento dei media mainstream al potere americano. Ma qualcosa può, in fondo alla fine la nostra è una democrazia. Ci ricorderemo, spero, per chi votare: per chi si impegna davvero per la pace nel mondo.