Era «le roi de Paris ». E anche, un po’, di Pechino: è stato il primo francese a metter radici nel 1978 nella Cina comunista, con sfilate di sue modelle nella Città Proibita. Un piccolo grande regno iniziato a metà del XX secolo. Con importanti propaggini nel XXI e, adesso, a due anni dalla sua scomparsa, avvenuta a 98 anni il 29 dicembre 2020, con ulteriori proiezioni verso il futuro.

Ultimo di dieci fratelli, primo ben presto nel mondo delle passerelle – dove alla fine degli anni 50 lancia una linea che rivoluziona la moda maschile («Giacche con cui si può debullonare una ruota ma anche entrare al Windsor») – Pierre Cardin continua a essere un fiore all’occhiello della creatività francese. È lui che nel 1963 inventa i famosi abiti di scena – giacca senza collo – dei Beatles. Un giro d’affari stimato oltre 600 milioni di euro nel 2009, un invidiabile patrimonio immobiliare – il Palazzo di Casanova a Venezia, il Castello di De Sade a Lacoste e un intero villaggio, e in più, oltre alle boutiques nel cuore di Parigi, il ristorante « Maxim’s », prestigiosi hôtel, due battelli (ormeggati davanti alla Tour Eiffel e davanti a Notre-Dame). Mecenate, ospita e finanzia nel 2.000 i Festival di cinema (russo e poi italiano) all’Espace Pierre Cardin, davanti all’Eliseo, sugli Champs Elysées, palcoscenico fin dagli anni 70 di Marlene Dietrich, Bob Wilson, Gérard Depardieu, Jeanne Moreau.

Dopo l’offerta nel 2012, finita nel vuoto, di cedere la sua griffe per un miliardo, nomina nel 2018 il nipote Rodrigo Basilicati Cardin direttore generale della Pierre Cardin Évolutions (80 impiegati in Francia e 350 licenze nel mondo). E due anni dopo, qualche mese prima di morire, fa del nipote l’erede universale del suo impero.

Incontrato all’inaugurazione di «Maxim’s sur Seine» (tra le prime iniziative dell’erede), Rodrigo Basilicati Cardin espone le linee-guida della nuova gestione, aperta all’inizio dell’anno da un défilé in omaggio allo stilista al Musée de l’Air et de l’Espace e dalle celebrazioni al Palazzo Bragadin di Venezia del centenario della nascita il 2 luglio scorso.

L’obiettivo di « Maxim’s sur Seine»?
Far rivivere le atmosfere evocate chez Maxim’s a Parigi. Un viaggio via fiume, con i clienti raccolti verso l’ora del tramonto in un ambiente dorato: una cena a filo d’acqua, con una cantante che ‘allieta’ le portate. Tre crociere a settimana, di due tipi: su ‘Le Vent Galant’, con 40 posti, o sul ‘Bateu Ivre’, dove si serve solo champagne.

Un rilancio del Maxim’s e, insieme, del marchio?
Da quando Cardin l’ha acquisito, nel 1981, il Maxim’s non ha smesso di crescere: celebre ristorante Belle Epoque, tempio dell’Art Nouveau, ha calamitato le cure personali dello stilista, amante dell’arte e gastronomo, nel restauro e nel rinnovamento dell’edificio. Dagli anni 2.000 ospita al secondo e terzo piano un museo dedicato all’Art Nouveau. Quasi subito si son moltiplicati i Maxim’s nel mondo, creando la catena di prodotti Maxim’s, diffusa soprattutto in Giapponte e in Cina, i due Paesi d’Oriente dove Cardin è da sempre una star. Lui, d’origine italiana, unico francese, insieme a Alain Delon, a essere conosciuto sull’intero pianeta.

Fin qui, le prodezze e le iniziative a ruota dell’uomo d’affari. E la moda?
Piena adesione alle linee da lui indicate o anticipate. La sua ‘Maison de couture’ è da sempre fuori standard. Cardin non ha mai creduto al modello economico d’una ‘haute couture’ a destinazione elitista. È stato un precursore, creando le basi per la produzione di prêt-à-porter in parallelo all’alta moda. Per i grandi stilisti tradizionali, ostinati a tener separata la moda haut de gamme dalla moda popolare, sarà scandalo enorme quando, nel 1959, firmerà una collezione di prêt-à-porter ‘di lusso’ per i grandi magazzini Printemps: sarà così il primo stilista a presentare un défilé di prêt-à-porter ispirato alla ‘haute couture’, per di più ai grandi magazzini.

In che cosa rimanete fedeli agli orientamenti di Cardin?
Anche noi diciamo no alla categoria ‘solo lusso’. Non cerchiamo il vestito esclusivo. Niente tessuti speciali. Siamo per una moda ecosostenibile: il nuovo vestito può esser fatto con il tessuto dei cosmonauti. L’abito è soprattutto una creazione visuale: è architettura. Concetto sempre presente in Cardin: le sue forme costruiscono silhouettes geometriche, a base di cerchi e triangoli, volumi scultorei che chiedono al corpo di adattarsi. La sperimentazione è sempre stata il pallino di Cardin, dalla gonna a bolle al costume Mao, dalla moda cosmonauta all’unisex, dalla capsule a oblò alla gonna modellata con fibre sintetiche.

Le licenze, chiave di volta del sistema-Cardin: a che punto siete?
Siamo licenziatari in tutto il mondo e il nostro impegno è di mantenere uno stile il più possibile vicino a Cardin. Oggi esistono più di 700 licenze, dai tessuti alle arti della tavola, dall’acqua minerale alle padelle, dalle biciclette ai sacchi di plastica, dagli accendini alle tapparelle. «Se vedo una scatola di sardine molto bella – ripeteva – mi vien subito voglia di firmarla!». È un sistema di produzione, sfruttato al massimo, che ha permesso di adattare le creazioni al mercato corrente: per numero di licenze e volume di vendite Cardin è diventato subito il n° 1 al mondo, facendo trionfare la voglia di sviluppare e rendere accessibile il suo lavoro, evitando il costo proibitivo dei diritti di dogana per i prodotti venduti all’estero. Grazie alle licenze, Cardin disegnava e le industrie fabbricavano, girandogli percentuali sulle vendite. Il suo marchio è entrato così in una politica diversa di sviluppo.

L’Espace Pierre Cardin è ora acquisito dalla città di Parigi. E i castelli? I villaggi?
È dal 1978 che lo stilista ha lavorato alla riabilitazione del Castello del Marquis De Sade, a Lacoste, nella Vaucluse, dove ogni anno ha organizzato un Festival. Aveva anche messo l’occhio su un villaggio di cui prevedeva di fare una «Saint-Tropez locale della cultura ». Per questo aveva acquistato anche una quarantina di case, una decina di boutiques e quaranta ettari di terra che però non ha sfruttato. Alla fine l’ha trasformato in villaggio-museo.

Mecenatismo: è la voce che manca nell’ABC dell’eredità Cardin. Con 600 milioni a disposizione, nessun aiutino alla cultura che arranca?
Quello di Cardin era mecenatismo puro: rivolto a riscattare l’arte e far crescere nuovi artisti. Non ha mai organizzato feste su uno yacht. Con i soldi ha costruito un impero: e dunque è sempre stato consapevole del valore dei soldi. Da anni, in giro per il mondo, organizziamo incontri con giovani della moda per selezionarne e valorizzarne i migliori. Lo scorso ottobre, a Città del Messico. In novembre in Usa, a Dallas e New York. In programma, adesso, Cina, Israele, Brasile, Turchia, Polonia, Cambogia. In ogni Paese, facciamo seguire a una masterclass un concorso a premi per gli studenti d’università di moda e di disegno. Il giorno del défilé, viene proclamato il vincitore, che ottiene in premio, tra gli altri, uno stage di formazione da noi, a Parigi. A fine febbraio, una grande sfilata sarà un primo, evidente risultato.