Che la situazione delle carceri italiane – nello specifico quelle piemontesi e in particolare a Torino – sia drammatica, è talmente evidente che a chiedere di intervenire subito con «sconti di pena automatici per i detenuti» è addirittura Roberto Cota.

Sì, proprio lui, leghista della prima ora e della prima fila, ex governatore del Piemonte, ora che è tornato al suo mestiere di avvocato, e davanti allo sfacelo del Coronavirus che minaccia decine di migliaia di reclusi in celle piccole e fatiscenti (e in prospettiva l’intera popolazione), è costretto a rimangiarsi l’appellativo di «svuota-carceri» che la sua parte politica ha affibbiato alle ultime scarsissime misure governative, e anzi a chiedere di più.

E lo fa proprio nel momento in cui lo stesso Dap ammette che il numero di detenuti risultati positivi al Covid-19 è raddoppiato nel giro di una settimana, arrivando ad una sessantina (dati di mercoledì scorso) di cui addirittura 23 nel solo carcere di Torino. Tra gli agenti penitenziari i casi registrati erano circa 180.

«Lungi dal voler essere buonisti – è la premessa dalla quale Cota non può esimersi, ça va sans dire – si tratta di fare un ragionamento che può essere basato su un argomento: l’interesse generale alla carcerazione di determinate categorie di persone si deve bilanciare con l’interesse, sempre generale, collegato all’emergenza sanitaria ed alla prevenzione della diffusione del contagio». Nella nota che l’esponente del Carroccio firma insieme ad altri avvocati piemontesi, ex consiglieri regionali di tutti gli schieramenti, e all’ex sottosegretaria all’Economia di Berlusconi, Maria Teresa Armosino, si sottolinea la necessità di intervenire in Parlamento sulle misure contenute nel «Cura Italia», in sede di conversione in legge del decreto.

Perché, spiegano gli autori, sebbene tali norme vadano nella giusta direzione, la loro applicazione tuttavia «non è automatica» e «la responsabilità della scarcerazione è stata demandata alla Magistratura di Sorveglianza che deve valutare caso per caso con passaggi burocratici complessi». Mentre invece bisognerebbe «prevedere un automatico sconto di pena che consenta di uscire dal carcere a chi è già nei termini per poter fruire delle misure alternative». Particolare attenzione, secondo Cota, va messa su chi è «presunto innocente in quanto in custodia cautelare», e in questo periodo la carcerazione preventiva dovrebbe essere «sostituita con gli arresti domiciliari, salvo ragioni eccezionali».

Perché è chiaro a tutti che per scongiurare un’epidemia in differita all’interno delle carceri (che graverebbe sul Ssn e causerebbe un ritorno del virus nella società) non basta aver «provveduto a disporre l’isolamento in camera singola» dei detenuti risultati positivi al Coronavirus, come tiene a precisare il capo del Dap, Francesco Basentini. Se, come fa notare l’ufficio del Garante nazionale dei detenuti, «la gestione dei singoli casi non segue percorsi di assoluta separatezza», con bagni separati e trattamenti separati. Solo chi non ha mai visitato neppure un carcere italiano può pensare che le strutture siano adeguate a questo tipo di gestione, tanto più se i numeri del contagio dovessero continuare a crescere.

Consapevole di ciò, ieri l’ospedale Spallanzani di Roma, dopo il ricovero per Covid di una detenuta proveniente da Rebibbia, ha chiesto all’amministrazione penitenziaria «la ricostruzione dei contatti della detenuta con il Covid-19 e di sottoporre a tamponi tutte le altre detenute e compagne di cella che sono state in contatto con la stessa. Viene, inoltre, disposta la sanificazione dell’area infermeria e la quarantena per tutte le presenti, oltre 25 detenute». A darne notizia è il segretario del sindacato S.Pp. Aldo Di Giacomo che commenta: «Finalmente il buon senso prevale, anche se non dipende dall’Amministrazione Penitenziaria».

E per rompere il «silenzio assordante» che qualcuno tenta di far scendere «sulla situazione delle carceri», ma anche «sulla rapina di libertà ai danni dei cittadini con la moltitudine e genericità di soggetti autorizzati a trattare dati personali» e «su una nuova Europa possibile e necessaria», il Partito Radicale organizza la «VI Marcia Amnistia per la Repubblica» nel giorno di Pasqua, quest’anno nella forma di una lunga maratona di interventi «dalle frequenze di Radio Radicale dalle ore 11 alle 19».