C’è un confine che segna un flusso reciproco di rifugiati che vanno e vengono senza trovare un riparo sicuro: si trova tra il nord-est del Camerun e il nord della Nigeria. Da qui negli anni sono transitati sfollati nigeriani verso il Camerun e poi più recentemente sono stati i camerunesi a scappare in Nigeria. I due nord sono la patria di due insurrezioni (islamiste, per semplificare) che da 10 anni segnano la storia del territorio: Boko Haram e Islamic State West Africa (ISWA).

NEL 2017 nella cittadina di Rann sono morte almeno 170 persone a seguito di un bombardamento dell’aviazione nigeriana in un campo profughi (il cui sito non sarebbe stato segnato sulle sue mappe). Poi, la scorsa settimana, decine di migliaia di sfollati nel nord della Nigeria sono rimasti senza aiuti umanitari a seguito di un attacco da parte di militanti di Islamic State sempre nella città di Rann (almeno 76 mila persone fuggite da precedenti combattimenti vivevano in città e dipendevano dagli aiuti umanitari).

ALMENO 9.000 RIFUGIATI hanno attraversato il confine verso il Camerun e almeno 14 persone risulta siano state uccise. Molti gli edifici incendiati, in prevalenza appartenenti alle organizzazioni umanitarie: oltre 100 tra abitazioni e strutture commerciali sono completamente o parzialmente distrutte dagli incendi come documentato da Amnesty International. Isa Sadiq Bwala di Medici Senza Frontiere ha dichiarato: «Ciò che mi ha colpito quando siamo arrivati è stato il silenzio. Di solito Rann è piena di vita, ma era silenziosa come un cimitero: la città è stata devastata». Molte delle persone scappate in Camerun sono state costrette a tornare indietro, con la viva preoccupazione «per la sicurezza delle persone» espressa dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr). Il cui responsabile Filippo Grandi ha fatto «appello al Camerun perché continui a tenere la sua porta aperta e perché interrompa immediatamente qualsiasi altro ritorno forzato» (il paese ospita oltre 370 mila rifugiati di cui circa 100 mila dalla Nigeria).

ULTERIORI VIOLENZE si sono verificate nella città di Baga (dove già nel gennaio 2015 in seguito ad attacchi di Boko Haram erano morte almeno 150 persone) vicino al confine con il Ciad, dove l’esercito e i terroristi si sono affrontati spingendo alla fuga migliaia di persone verso villaggio ciadiano di Ngouboua. Secondo il Global Protection Cluster (un gruppo di agenzie umanitarie guidate da Unhcr) negli attacchi sarebbero morti oltre 100 soldati nigeriani, ma il portavoce dell’esercito Onyema Nwachukwu ha smentito parlando di cifre gonfiate. Preoccupazioni sono state espresse dai leader anziani dello Stato di Borno che hanno rivolto un appello al presidente Muhammadu Buhari perché interrompa il programma di de-radicalizzazione e reintegrazione dei pentiti di Boko Haram, in quanto il loro rilascio favorirebbe le violenze.

Violenze che nella zona si sono intensificate con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali, che in Nigeria si terranno il 16 febbraio. Sia Boko Haram che Islamic State West Africa hanno dichiarato che intendono impedirle.

BUHARI SI PRESENTA per un secondo mandato, dopo aver trascorso un lungo periodo a Londra per malattia. Il 76enne era ricomparso in tv dopo mesi per smentire le voci sulla sua morte: «Sono io, non sono morto e non sono stato clonato» aveva precisato rivolgendosi a coloro che credevano fosse solo un sosia (quello che molti nigeriani vorrebbero avere).