Tra le minacce dei separatisti armati anglofoni dell’Ambazonia (nord e sud-ovest), il rischio di attacchi jihadisti dello Stato islamico (nord) e il diffondersi della variante Omicron nel continente africano si apre oggi in Camerun la Coppa delle nazioni africane (Can) di calcio.

Nonostante il clima interno già teso, la principale preoccupazione dei club europei, restii nell’invio dei loro giocatori africani, è stato la richiesta di un «protocollo contro la pandemia» e l’ipotesi rinvio è rimasta viva fino allo scorso 21 dicembre. Solo allora il presidente della Confederazione calcistica africana, Patrice Motsepe, ha confermato l’avvio certo della competizione: «Il 9 gennaio sarò alla partita inaugurale tra Camerun e Burkina Faso», ha detto alla stampa Motsepe, precisando che «la situazione pandemica è sotto controllo più qui che in Europa».

UNA VERA E PROPRIA SFIDA per il Camerun che ha dovuto aspettare 8 anni per organizzare il torneo, visto che nel 2014 la Caf le aveva assegnato l’edizione 2019 prima di ritirarla a causa dei ritardi, soprattutto in termini di infrastrutture e sicurezza, per attribuirla all’Egitto. Il Paese ha poi ereditato l’edizione 2021, rinviata nel 2022 a causa della pandemia, con polemiche e ritardi nella costruzione dei 6 stadi che ospiteranno le partite delle 24 squadre impegnate nel torneo. In particolare per quanto riguarda lo stadio Olembé, alla periferia della capitale Yaoundé, che ospiterà la cerimonia di apertura e di chiusura oltre alla finale.

Oltre al «Protocollo contro la pandemia» che prevede stadi pieni fino al 60% (80% solo per le partite del Camerun) con spettatori e giocatori ammessi solo dopo i test molecolari, per gli organizzatori si pone la sfida della sicurezza, in un paese che si trova in situazione di guerra in gran parte del suo territorio.

DA QUATTRO ANNI le regioni del nord e sud ovest, abitate principalmente dalla minoranza anglofona, sono alle prese con un sanguinoso conflitto tra i gruppi indipendentisti armati e le forze di sicurezza. Principali vittime sono i civili, con oltre 3500 morti e 700mila sfollati, secondo le ong internazionali e l’Onu.

Alcuni gruppi armati hanno promesso di interrompere la competizione e hanno inviato lettere di minaccia alle squadre del gruppo «F» (Tunisia, Mali, Mauritania e Gambia) che giocheranno nel Limbé e si alleneranno a Buea, rispettivamente località balneare e capitale della regione sud-ovest.

IL CAMERUN AFFRONTA anche la minaccia jihadista nell’estremo nord, malgrado gli attacchi siano diminuiti di intensità dalla morte nel maggio scorso di Abubakar Shekau, leader di Boko Haram. Il gruppo rivale, lo Stato islamico in Africa occidentale (Iswap), ha invece consolidato il proprio territorio nella regione del Lago Ciad e conduce sporadiche incursioni in Camerun.

Proprio per questo motivo, oltre ad aver quintuplicato il numero delle forze di sicurezza nelle aree a rischio, il girone «D» (Egitto, Nigeria, Sudan, Guinea Bissau) si giocherà nel nord a Garoua, a più di 300 km di distanza dalle zone più a rischio. Il governo cerca così anche di nascondere gli scontri etnici esplosi per la siccità tra pastori nomadi e agricoltori sedentari che hanno causato 40 morti e oltre 80mila profughi verso il Ciad.

NELLA CAPITALE YAOUNDÉ, al contrario, l’atmosfera è molto più distesa e solo pochi agenti della sicurezza hanno sorvegliato con occhio distratto gli ultimi preparativi per la cerimonia di apertura allo stadio Olembé, costruito per la Can e casa della nazionale dei «Leoni indomiti».
Nel suo discorso di inizio anno il presidente Paul Biya, che governa il paese con il pugno di ferro da 40 anni, ha parlato di «vetrina per mostrare al mondo le potenzialità e le ricchezze del Camerun», minimizzando sui rischi e tutto il resto.

Errata Corrige

Coppa d’Africa al via. Tutte le ombre di una competizione rimasta in bilico fino all’ultimo. Club europei preoccupati solo per il Covid. Motsepe, capo del calcio africano: «Situazione pandemica sotto controllo più che in Europa». Fischio d’inizio oggi con la sfida tra la nazionale di casa dei «Leoni indomiti» e il Burkina Faso nel contestassimo stadio di Olembé