L’Ungheria di Orbán ha siglato nuovi accordi con la Russia di Putin in ambito energetico. Nel settore specifico del gas l’accordo raggiunto con Gazprom prevede, secondo le informazioni a disposizione, la possibilità di incrementare le forniture rispetto a quanto concordato dalle parti in precedenza.

Il prezzo si limiterebbe a 150 euro al metro cubo, da pagare in differita, qualora i prezzi di mercato dovessero superare tale cifra. In ambito nucleare è stato invece siglato un accordo, con Rosatom, riguardante la modifica del contratto per l’espansione della centrale nucleare di Paks, nell’Ungheria centro-meridionale, situata a poco più di cento chilometri da Budapest.

L’impianto era già stato oggetto di un accordo ungaro-russo, siglato all’inizio del 2014, per il potenziamento del medesimo con nuovi reattori. La qual cosa aveva scatenato le proteste dell’opposizione che aveva accusato il governo di aver messo il paese di fronte al fatto compiuto senza aver dato luogo a un dibattito pubblico preliminare sul tema.

L’annuncio dei più recenti accordi è stato dato dal ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó. Con essi il governo Orbán conferma una posizione che contrasta con quella di Bruxelles tendente, quest’ultima, a isolare la Russia sul piano del business
energetico.

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Alle critiche l’esecutivo di Budapest ha risposto che queste intese non hanno a che vedere con questioni di carattere politico o ideologico ma con la necessità di assicurare la stabilità dell’approvvigionamento energetico del paese. Più precisamente, Szijjártó ha fatto notare che le esigenze in questione richiedono “un trasporto ininterrotto di gas, petrolio e combustibile nucleare. Per soddisfare queste tre condizioni – ha precisato – la cooperazione tra l’Ungheria e la Russia in ambito energetico deve essere ininterrotta”.

Nel momento in cui le modifiche al contratto entreranno nella fase operativa, andranno sottoposte alla Commissione europea per l’approvazione. A questo proposito il capo della diplomazia ungherese spera che la Commissione non intenda mettere a rischio la stabilità e sicurezza, nel lungo termine, delle forniture di energia al paese.

Il governo di Budapest ribadisce l’importanza dell’espansione della centrale di Paks per mantenere l’accessibilità dei prezzi dell’energia elettrica e garantire al paese un approvvigionamento energetico stabile e sostenibile. In sostanza, di fronte alle aspre critiche pronunciate dall’opposizione nel 2014 a fronte degli accordi allora appena firmati in ambito nucleare, le forze governative
avevano difeso la loro scelta sostenendo che con essi ci sarebbe stata la possibilità di dar luogo ad una produzione di energia elettrica eccedente il fabbisogno nazionale.

Eccedente e a prezzi vantaggiosi, con la prospettiva di vendere il di più all’estero. Come vediamo, l’operazione di Paks è lunga e complessa e ha portato a questi nuovi accordi che confermano la scelta del governo Orbán di rafforzare la cooperazione energetica con Mosca.

In questo modo le autorità ungheresi sostengono una scelta che motivano con la necessità e il diritto di tutelare la popolazione ungherese e assicurare il soddisfacimento dei suoi bisogni. Una tutela che, com’è noto, riguarda anche l’aspetto bellico; nel senso che Orbán ha più volte affermato di voler impedire che i suoi connazionali paghino il prezzo della guerra in atto in Ucraina.

Un prezzo che si misurerebbe in termini di mancata sicurezza e di carenza o assenza di fonti energetiche cui attingere per il soddisfacimento del fabbisogno nazionale.

La posizione del governo danubiano, nel frangente della guerra e relativamente ad altre questioni tra le quali, in particolare, quella dello Stato di diritto, provoca sempre più irritazione a Bruxelles. Lo scenario europeo si è ulteriormente complicato con le
ostilità russo-ucraine e la situazione attuale porta il premier Orbán a impegnarsi in un equilibrismo sempre più difficile.

Il blocco dei fondi Ue è uno dei problemi che caratterizzano attualmente il rapporto teso fra Budapest e Bruxelles. Un problema
pratico; non solo o soprattutto politico o di principio, come ha affermato recentemente Szijjártó.