Brahim Ghali è stato rieletto segretario generale del Fronte Polisario e presidente della Repubblica Araba Saharawi Democratica (Rasd) al termine del 15° congresso del Fronte Polisario che si è tenuto dal 19 al 25 dicembre a Tifariti, nei “territori liberati” del Sahara Occidentale, il . Oltre 2500 delegati chiamati a rieleggere tutti i componenti del direttivo. Un’assemblea fondamentale per comprendere se continuare a resistere in maniera pacifica e sul piano diplomatico, modalità che dal 1991 (firma dell’accordo per la missione di pace Minurso) ha caratterizzato il movimento saharawi, o se cambiare tipologia di lotta, considerando anche l’opzione armata, come richiesto da parte dei componenti del Polisario, soprattutto dai giovani.

Come è cambiato il Polisario in questi anni?

Il Fronte Polisario è un movimento di liberazione nazionale. In questi anni ha sempre mantenuto il suo spirito rivoluzionario e di cambiamento: abbiamo vissuto numerose trasformazioni a livello politico e sociale. Oggi abbiamo un popolo moderno, aperto e tollerante, che rispetta i valori della democrazia, della libertà e dell’uguaglianza e in cui le donne svolgono un ruolo decisivo ed essenziale, sia nella lotta che nella vita di tutti i giorni. Durante gli oltre 46 anni della sua fondazione, il Polisario è cambiato e si è adattato ai tempi. Quello che non è cambiato e non cambierà mai è il nostro attaccamento al legittimo diritto di autodeterminazione e indipendenza per il nostro popolo.

Come giudica la risoluzione dell’ottobre scorso del Consiglio di sicurezza e lo stallo diplomatico, dopo le dimissioni di Kohler nel maggio 2019?

Il giudizio è totalmente negativo: è stata un’opportunità mancata per il Consiglio di sicurezza, perché non ha esercitato la pressione necessaria per far rispettare la legalità internazionale. La cosa peggiore è che c’è stato un chiaro tentativo di abbandonare il quadro giuridico del conflitto saharawi-marocchino, con una ricerca di soluzioni ambigue e differenti da quanto stabilito negli Accordi di pace.Questa tendenza, guidata soprattutto dalla Francia, ci ha costretti a prendere la decisione di rivedere la nostra partecipazione al processo di pace.

Quali le scelte del Polisario, dopo il congresso, per arrivare al referendum nel Sahara Occidentale occupato?

La ragion d’essere del Fronte Polisario è consentire al popolo saharawi, come per tutti i popoli colonizzati, di decidere liberamente e scegliere il proprio destino, incluso il diritto di vivere in uno stato libero e sovrano. Il referendum mira a garantire un’espressione libera, democratica e trasparente. Questa opzione è inclusa nel piano della Minurso del 1991, l’unico concordato, firmato e approvato da entrambe le parti in conflitto, Polisario e Marocco, e dal Consiglio di Sicurezza. Ciò che manca è la ferma volontà di quest’ultimo di imporre l’applicazione di tale accordo. È una responsabilità della comunità internazionale. Il Polisario, unico rappresentante legittimo del popolo saharawi, non parteciperà più a nessun processo che non rispetti i pilastri della soluzione, ovvero il nostro diritto ineluttabile e legittimo all’autodeterminazione e all’indipendenza.

Com’è la situazione oggi?

Nonostante la propaganda marocchina diffusa da alcuni paesi europei, la situazione nei campi come nei territori liberati è difficile, ma del tutto normale. Il nostro popolo gestisce i campi nella quotidianità e ha organizzato al meglio il 15° congresso del Fronte Polisario, come hanno potuto testimoniare gli ospiti internazionali che rano presenti. Sicuramente, però, siamo un popolo che spera di esercitare il diritto di tornare nella propria terra in condizioni di libertà e dignità.

Una generazione di giovani vive sin dalla nascita nei campi profughi, Quali prospettive offre loro il Polisario, continuare la resistenza pacifica o altro?

I giovani hanno perso la pazienza e non sono i soli… Tutti i saharawi sentono di essere vittime di una menzogna. Abbiamo perso la fiducia nelle Nazioni unite perché non hanno mostrato abbastanza fermezza di fronte all’intransigenza del Marocco, perdendo credibilità nei confronti del nostro popolo che aveva posto fiducia nell’Onu. Il popolo saharawi, guidato dal Polisario, utilizzerà tutti i mezzi legittimi per raggiungere i propri obiettivi. Senza escludere la lotta armata, come un diritto universalmente riconosciuto per i popoli che si difendono da una forza d’occupazione colonizzatrice. Il Consiglio di sicurezza deve assumersi le proprie responsabilità, imporre il mandato di Minurso, missione delle Nazioni unite per il referendum nel Sahara occidentale e, quindi, evitare un possibile conflitto che destabilizzi tutta l’area.

 

Brahim Ghali