«È una prima vittoria per le oltre 43mila persone che hanno firmato il nostro appello; continuiamo a vigilare affinché si passi dalle parole ai fatti»: così Amnesty International ha commentato la notizia che ieri la Camera ha approvato la mozione presentata da M5S e Lega per chiedere al governo di sospendere le esportazioni di bombe d’aereo e di missili verso l’Arabia saudita e gli Emirati arabi uniti.

Soddisfazione anche da parte di Save The Children: «Accogliamo con favore la notizia dell’approvazione, da parte della Camera, della mozione per chiedere la sospensione delle esportazioni di armi verso un teatro di guerra nel quale non si esita a colpire indiscriminatamente i civili, bambini compresi, in aperta violazione di tutte le convenzioni che regolano il rispetto dei diritti umani. È stato compiuto un primo passo, al quale ora il governo è chiamato a dare seguito immediato».

Il documento, che è passato con 262 voti favorevoli, nessuno contrario e 214 astensioni, chiede di coinvolgere anche l’Europa nel blocco delle esportazioni, «valutando l’avvio di iniziative finalizzate alla futura adozione, da parte dell’Ue, di un embargo mirato sulla vendita di armamenti ad Arabia saudita ed Emirati arabi uniti e prevedendo consultazioni con gli altri Stati membri dei consorzi internazionali in relazione ai programmi di coproduzione industriale intergovernativi attualmente in essere».

Altro impegno chiesto al governo è che prosegua l’azione per l’immediato cessate il fuoco nello Yemen, continuando a sostenere in particolare l’iniziativa dell’inviato speciale delle Nazioni unite per lo Yemen, Martin Griffiths, perché si arrivi al ritiro delle truppe.

Sulla mozione del governo LeU e Partito democratico si sono astenuti perché considerano la proposta parziale e insufficiente, visto che chiede la messa al bando delle esportazioni di bombe d’aereo e di missili ma non delle armi leggere, di cui l’Italia è una delle maggiori esportatrici sul mercato della guerra in Yemen.

Sulla stessa linea, in Sardegna, il Comitato per la riconversione della Rwm, la fabbrica che a Domusnovas produce bombe per l’Arabia saudita: «È solo un primo passo. Vanno messe al bando tutte le armi destinate alla guerra in Yemen. Per la Rwm, la nostra posizione è nota. I posti di lavoro nello stabilimento di Iglesias non vanno perduti. Serve un progetto di riconversione di tutta l’economia del Sulcis che consenta a quella fabbrica di spostare la produzione su altre tipologie di prodotto».

Bene quindi la mozione approvata ieri, ma non basta: «È alle bombe che bisogna chiudere i porti, non agli esseri umani che fuggono dalla guerra – ha detto durante la discussione in aula Laura Boldrini per LeU – Perciò chiediamo l’embargo di tutto il materiale militare che viene usato nella guerra in corso nello Yemen, e non solo di alcune armi».

Per il Pd Ivan Scalfarotto ha spiegato così la scelta dell’astensione dem: «È da sei mesi chiediamo invano di discutere in commissione della situazione nello Yemen. Oggi Lega e M5S, costretti a venire in aula, hanno presentato una mozione che ci lascia stupefatti, in base alla quale si sospendono le forniture non di tutte le armi, ma soltanto delle bombe d’aereo e dei missili».

Molto diverse le motivazioni con le quali i deputati di Fratelli d’Italia hanno spiegato la loro astensione. «Si continua a colpevolizzare la Rwm di Domusnovas, che produce bombe d’aereo per l’Arabia saudita nel suo stabilimento di Iglesias, in Sardegna – ha detto durante il dibattito in aula Salvatore Deidda, deputato sardo di Fratelli d’Italia – Ma il conflitto non dipende dalla Rwm e dai suoi operai. Dipende dalla politica, dagli Stati e dai governi. Si dice che quei lavoratori e la Sardegna stanno producendo morte, invece di guardare a chi in questi anni è andato a baciare le mani ai principi dell’Arabia saudita e a chi è andato lì a mercanteggiare. Che cosa ha fatto il governo di centrosinistra per fermare quella guerra? Rivediamo gli accordi con l’Arabia saudita, ma è troppo facile e sbagliato prendersela con un’azienda. Dobbiamo cercare di fermare il conflitto attraverso un’azione politica e diplomatica anche su base europea».