La sospensione dei sussidi accademici annunciata nei giorni scorsi dal ministro dell’educazione Abraham Weintraub è arrivata, e non ha investito soltanto le scienze umanistiche, dichiaratamente escluse dalle priorità dell’investimento pubblico del neonato governo Bolsonaro, ma l’intero sistema brasiliano di pós-graduação, composto da tutti i corsi di specializzazione universitaria successivi ai quattro anni di laurea canonica.

LA NOTIZIA è stata comunicata nel pomeriggio dell’8 maggio dalla Capes (letteralmente: Coordinamento di perfezionamento per personale di livello superiore), l’ente del Ministero dell’Educazione creato nel 1951 per sostenere la ricerca universitaria magistrale, dottorale e post-dottorale, la formazione di insegnanti di scuola primaria e per promuovere gli intercambi internazionali, tramite la concessione di finanziamenti mensili sulla base di un processo selettivo.

In tutto, le borse di studio elargite dalla Capes sono quasi 200.000 ogni anno: 92.253 per la ricerca specialistica e 107.260 per la formazione di insegnanti di scuola primaria (questi ultimi attualmente non scalfiti dai tagli ministeriali), e raggiungono 49 aree scientifiche. Le borse per la ricerca specialistica presentano valori diversi: 1.500 reais mensili per gli studenti dei corsi magistrali e 2.200 per quelli dei corsi di dottorato.
L’unica giustificazione per il congelamento dei benefici fornita dall’istituzione è stata che l’azione era volta a ritirare tutte le borse «oziose», ovvero inutilizzate, che pure fanno parte di un sistema di rotazione in vigore da sempre: i sussidi vengono liberati man mano che gli studenti si laureano per essere poi occupati da nuovi idonei, e così via secondo una graduatoria di merito. L’Anpg, Associazione nazionale di pós-graduação, ha già interrogato la Capes a riguardo, ottenendo però un silenzio omertoso.

IL SISTEMA RISULTA BLOCCATO per un periodo indeterminato. Il ministro Weintraub, da parte sua, ha giustificato i tagli come l’unico mezzo attualmente a disposizione per il risparmio di denaro pubblico, considerato che la Riforma previdenziale non è ancora stata approvata (riforma che comporta, tra le altre cose, l’innalzamento dell’età minima pensionabile a 65 anni per gli uomini e 62 per le donne e la riduzione del valore delle pensioni al 60% della media salariale per chi ha 20 anni di contributi). Insomma, una serie di arretramenti che, a detta del governo, andrebbe accettata, perché la coperta è troppo corta.

 

Nel campus dell’Università di Brasilia (Unb)

 

Complice la scarsa attenzione riservata dai media all’avvenimento, la situazione oggi, a Brasília, è quella di un gran caos calmo. Si pensa alla prossima manifestazione, sì, ma intontiti dall’incredulità, a tratti senza speranza. Anche perché lo sconcerto, da parte degli accademici, è talmente tanto che anche l’opzione di star esagerando diventa plausibile. Nell’ambiente ci si aspettava di tutto, dall’asserzione del criterio ideologico per la concessione delle borse di studio alla riduzione presso quegli atenei o quei programmi ai livelli più bassi nel ranking nazionale, ma il congelamento totale a tempo indeterminato, dichiarato peraltro dall’oggi al domani, ha gettato più sconforto che rabbia. Una cosa così non si era mai vista. La sensazione, ormai comune a molte realtà in quest’epoca buia, è quella di precipitare in un pozzo senza fondo.

EPPURE È CHIARO che gli eruditi (e non solo gli umanistici, poiché non si parla più – è evidente – di un tipo specifico di forma mentis, ma di sapere tutto, di civiltà) sono troppo scomodi per il governo Bolsonaro: essi pensano, criticano, denunciano, riconoscono nella disuguaglianza sociale e nell’istituzionalizzazione della brutalità il progetto sistematico di una politica concepita esclusivamente per dominare.
Ed è proprio grazie a queste armi (metafora doverosa, considerato il contemporaneo decreto di cui si parla qui a fianco) che il ricercatore universitario è a tutti gli effetti una forza catalizzatrice indispensabile per lo sviluppo scientifico ed economico del Paese, che pure è cresciuto vertiginosamente negli ultimi 20 anni.

L’unica cosa da fare ora è, appunto, rimanere fermi e non perdere la speranza. Non solo perché il governo, in un barlume di lucidità, potrebbe fare marcia indietro, ma perché gli accademici brasiliani non verranno azzerati come le loro sovvenzioni e, anche se sarà molto più difficile, continueranno a studiare, a ricercare e a resistere.