In quella farsa messa in scena dall’estrema destra che è la Commissione parlamentare di inchiesta (Cpi) sul Movimento dei senza terra, è stato il momento più atteso: la deposizione di João Pedro Stedile condotta da Ricardo Salles.

Seduti allo stesso tavolo, a rappresentare due opposti progetti di paese: da un lato il volto più rappresentativo del Mst, la più grande organizzazione popolare del Brasile, e dall’altro, a impartire lezioni di morale, il famigerato ex ministro dell’Ambiente del governo Bolsonaro, balzato agli onori (si fa per dire) della cronaca per il suo proposito di «passar a boiada» – cioè di azzerare la legislazione ambientale, come se ci passasse sopra una mandria di buoi – e per l’indagine giudiziaria aperta contro di lui per contrabbando di prodotti forestali.

LA CONVOCAZIONE del leader del Mst era stata fortemente voluta dall’estrema destra, interessata ad accendere i riflettori su una Cpi pensata fin dal primo momento come l’occasione per screditare i movimenti popolari e sferrare un attacco al governo Lula, accusandolo di connivenza con quelle che la destra chiama «invasioni» e il Mst rivendica come occupazioni di terra improduttiva legittimate dalla Costituzione stessa. E magari per sviare l’attenzione dalla Cpi sugli atti golpisti e dal clamoroso scandalo della rivendita illegale dei preziosi regali ricevuti da Bolsonaro durante la sua presidenza.

Per le forze bolsonariste, tuttavia, nulla è andato per il verso giusto. Non solo la Cpi si è rivelata talmente un flop che Salles ha dovuto rinunciare a prolungarne i lavori, ma l’estrema destra ne ha anche perso il controllo in corso d’opera: la maggioranza dei suoi membri appartiene oggi alla base di governo.

Cosicché il rapporto finale – che tutti ritengono già pronto dall’inizio mirando esclusivamente a criminalizzare il Mst e la riforma agraria – verrà prevedibilmente respinto. Rimaneva da giocare solo la carta Stedile ma, per tutte le sei ore della sessione, il leader del Mst, tranquillo e attento a non cedere alle provocazioni, non ha offerto appigli di alcun genere.

In cerca di una vetrina in vista di una possibile candidatura a sindaco di São Paulo, Salles ha cercato di inchiodarlo su alcuni casi di irregolarità e di abusi registrati in qualche accampamento del Mst, come se pochi esempi accuratamente selezionati potessero gettare fango su un movimento di 500mila famiglie: «Anche utilizzando un campione dell’1%, sarebbero 5mila le famiglie da ascoltare», ha evidenziato Stedile, proponendo a tale scopo una ricerca universitaria sul funzionamento degli accampamenti e gli insediamenti del Mst.

ACCUSATO di aver favorito il disboscamento illegale, Salles ha avuto il coraggio di attribuire all’agricoltura familiare – non all’agribusiness, ai garimpeiros, ai commercianti di legname – la responsabilità della maggior parte della deforestazione in Amazzonia, rivendicando il ruolo insostituibile dei grandi proprietari terrieri.

Ma Stedile ha ribattuto: «Il latifondo non è interessato a produrre. Mira solo ad appropriarsi dei beni della natura per accumulare ricchezza. Qual è il beneficio per la società? Nessuno. Non ha futuro».

Quanto alla sua versione più moderna, l’agribusiness, è vero – ha detto – che genera ricchezza, ma produce appena per le esportazioni, «replicando il modello coloniale»: «In Mato Grosso, se la ricchezza fosse distribuita a tutta la popolazione, si avrebbe un reddito pro-capite di 54mila reais. Sarebbe la regione più sviluppata del mondo. Ma dove va questa ricchezza? Alle banche e alle multinazionali».