Bernie Sanders è intervenuto al Senato sulla guerra fra Israele e Hamas, affermando che la priorità «in questo momento deve essere quella di fermare i bombardamenti e portare quanti più aiuti umanitari possibili». Il senatore ha poi ripetuto il suo pensiero in un comunicato, chiedendo una «pausa umanitaria», o una sospensione temporanea delle ostilità per la consegna di beni essenziali e possibili evacuazioni. Questo non sembra sufficiente a una parte della sua base, che vorrebbe che il senatore chiedesse un inequivocabile cessate il fuoco.

DURANTE la campagna per le primarie del 2016, Sanders aveva criticato il sostegno incondizionato di Washington al governo israeliano, 7 anni dopo si sta attirando le critiche di chi trova la sua posizione «tiepida». Per i sostenitori, invece, Sanders ha abbracciato un «approccio pragmatico» per arrivare a una soluzione a due stati. «Gaza ha bisogno di una pausa umanitaria – ha scritto – Poi servirà una visione su dove andare da qui. Se vogliamo compiere reali progressi nell’affrontare questo conflitto senza fine tra Israele e Hamas, dobbiamo comprendere le attuali realtà politiche nella regione». Il popolo palestinese, ha aggiunto, ha diritto a «godere di una vita sicura e dignitosa», e a «un suo stato».

A inizio settimana, insieme a un gruppo di senatori dem, tra cui Elizabeth Warren, Sanders ha scritto una lettera a Biden, chiedendo una presa di posizione del governo sul costo umano dell’invasione di Gaza, e sull’organizzazione degli aiuti umanitari per i civili nel territorio assediato.
Nella lettera i senatori hanno citato un articolo accademico in cui si sostiene che la rioccupazione di Gaza non metterà fine al conflitto, ma darà vita a una guerriglia, con i civili che vedranno i leader israeliani come loro nemici. La lettera continua chiedendo all’amministrazione Biden quanto tempo potrebbe essere necessario per stabilire il controllo militare di Gaza, quanta «attività dei ribelli» si aspetta dopo quel momento, e come verrà misurato il successo dell’operazione.

L’idea di una «pausa nei combattimenti» è anche nell’orizzonte di Biden, che a Minneapolis, parlando a una raccolta fondi per la campagna elettorale, ne ha sottolineato la necessità per consentire il rilascio degli ostaggi. Il presidente lo ha affermato in risposta a una donna che durante l’evento gli ha gridato: «Signor presidente, se ha a cuore il popolo ebraico, come rabbina, ho bisogno che lei chieda un cessate il fuoco».

MENTRE BIDEN e Sanders devono entrambi rispondere alle reazioni da sinistra, il gruppo Democratic Majority for Israel, un gruppo dem filo-israeliano, ha pagato 100.000 dollari per mandare in onda degli spot televisivi critici sull’unica deputata palestinese americana al Congresso, Rashida Tlaib.
Tlaib è una delle sostenitrici più esplicite della causa palestinese, e ha co-sponsorizzato una risoluzione che chiede il cessate il fuoco nel conflitto. Lo spot, che andrà in onda a Detroit su Cnn, Msnbc and Cnbc, dove ha sede il distretto di Tlaib, denuncia i voti della deputata contro i finanziamenti per il sistema di protezione missilistico Iron Dome di Israele e contro una risoluzione per condannare l’attacco di Hamas del 7 ottobre. L’annuncio sostiene che un cessate il fuoco «consentirebbe ai terroristi di riarmarsi». La deputata, che nel suo distretto a forte maggioranza arabo-america vince un’elezione dopo l’altra con percentuali vicine al 70%, ha affermato di aver votato contro i finanziamenti all’esercito israeliano perché non includevano «condizioni per il rispetto dei diritti umani» dei palestinesi, e di aver votato contro la risoluzione che condanna l’attacco del 7 ottobre «perché è un resoconto profondamente incompleto e parziale di ciò che accade in Israele e Palestina da decenni».

Ad andare in Israele per parlare con i leader di governo, invece, è il Segretario di Stato Blinken partito oggi per fare anche una tappa in Giordania, dopo il ritiro dell’ambasciatore da Gerusalemme.