«Bird è stato il film più difficile che ho fatto. Ci sono state molte più sfide del solito e restrizioni che non avevo mai incontrato. Ho dovuto cambiare tanto nella sceneggiatura e il montaggio è stato davvero complesso». Così Andrea Arnold, nell’incontro dopo la consegna mercoledì della Carrosse d’or alla Quinzaine, ha parlato del suo nuovo film col quale torna in concorso sulla Croisette dove ha ricevuto il Premio della Giuria tre volte – per Red Road, Fish Tank e American Honey. La regista britannica dopo la parentesi del molto riuscito Cow – vita e sfruttamento di una mucca da latte – torna qui a quei personaggi di un sottoproletariato inglese fra abusi, famiglie sfasciate, gravidanze di giovanissime, figli cresciuti da genitori quasi coetanei, periferie di squat e marginalità, con un romanzo di formazione adolescenziale – genere che sembra dominante in queste prime proposte festivaliere. La protagonista è Bailey (Nykiya Adams), una ragazzina di dodici anni che ama gli uccelli, li filma col cellulare come molto di ciò che le capita intorno, si veste da maschio e vuole fare parte di una gang che vendica ragazzini abusati come le sue sorelline, rimaste a vivere insieme alla madre.

LEI INVECE è stata portata via dal padre Bug (Barry Keoghan),vivono in uno squat insieme all’altro figlio che è nato quando Bug aveva 14 anni; è giovanissimo quel padre ma lì è già vecchio, tatuato ovunque, niente lavoro – nemmeno loro vanno mai a scuola o almeno non rientra nelle loro conversazioni – se non l’arrangiarsi di spaccio e simili, si sta per sposare con una coetanea, cosa che fa impazzire la ragazzina. Siamo nel Kent, dove è nata e cresciuta anche Arnold, il benessere non sembra appartenere a nessuno di loro. Poi un giorno nel bosco dopo un’ennesima lite col genitore, Bailey incontra Bird (Franz Rogowski) un’altra creatura persa, danza lieve e cerca la memoria del suo passato, le tracce dell’infanzia, di bambino in quel posto che probabilmente la madre ha abbandonato o lasciato andare chissà, mentre il padre adolescente non voleva più starci insieme a loro.

Andrea Arnold
Sono sempre alla ricerca della vita. È una cosa istintiva. Per questo motivo lavoro molto con attori non professionisti e animaliIl punto di partenza del film è i paesaggio sociale inglese in crisi, ma in Arnold rispetto al cinema di Ken Loach la narrazione prende un indirizzo del tutto diverso, specie stavolta che alla realtà si intreccia un elemento animale fantastico di metamorfosi o forse di illusioni e desideri di questi giovanissimi che hanno come unico modo per difendersi quello di unirsi e fare fronte alla vita insieme: uccelli vendicatori, rospi lisergici, cani metafisici, pesci epifanici. Tutto si muove, accelera (in certi momenti in modo un po’ faticoso) la corsa della ragazzina equivale a quella delle immagini che la restituiscono, e che si mischiano alle riprese del suo cellulare – quasi una seconda unità. Corre Bailey sul monopattino col padre o da sola, fra gli scontri fisici col compagno violento di turno della madre, per salvare le sorelline. La pace è soltanto in un campo tra i fiori e i cavalli o nel mare.

DI COSA PARLA dunque Bird? Di un mondo ma soprattutto è la storia di una trasformazione, quella della sua protagonista, che taglia i capelli, ha le prime mestruazioni e si avventura nei territori inesplorati del sé, in una presa di parola che nella sua rabbia diffusa prova a sciogliere momenti di dolcezza. È cresciuta in fretta, lei come sembra chiunque in quei luoghi provando sempre a risolvere i problemi da sola. Nel suo cammino – che rivela appunto una condizione molto difficile per questi e queste ragazzine, costretti a fronteggiare una violenza in particolare famigliare costante – in fondo la figura del padre di Bailey nonostante i suoi limiti è presente e accudente.

«Speranza» dicono i graffiti nell’ascensore della casa popolare. O «Andrà tutto bene» le stesse parole che sussurra Bird a lei, il suo eroe, il suo amico fragile, complice e aiuto a cui rivolgersi: ci si può credere? Chissà. Ma nella virata fiabesca del mondo animale – complice di questi ragazzini – appare forse ancora uno spazio della possibilità. Ci sono gli addii e le nuove consapevolezze, l’amore e le canzoni al karaoke di papà – Yellow dei Coldplay – che all’improvviso si scopre pure lui adulto. Sul bordo costante di una iconografia fin troppo vista del sociale, Arnold trova la sua verità nei protagonisti: la giovane Adams prima di tutti col suo coraggio che non arretra mai, neppure davanti ai grandi dolori, e gli attori più professionisti – mescolati a molti che non lo sono. È quel corpo di ragazzina in lotta che fa la differenza. Che andrà tutto bene non si sa, lei a resistere continua a provarci.