«La natura deve diventare la nostra più forte alleata, se vogliamo evitare future pandemie (…) La risposta strutturale deve passare per la tutela degli habitat e della biodiversità» ha detto nel mese di marzo Inger Andersen, direttrice esecutiva del Fondo delle Nazioni unite per l’ambiente (Unep). Il concetto risuona nelle parole d’ordine della Giornata mondiale per l’ambiente 2020: «E’ il momento della natura – se vogliamo avere un futuro» (#TimeForNature). Istituita nel 1974, la ricorrenza è dedicata quest’anno alla biodiversità, presupposto della stessa salute umana. Sul tema, da tutti i continenti si possono seguire seminari virtuali, cicli di documentari, incontri interattivi (https://www.worldenvironmentday.global/latest/featured-updates).

LA GENEROSITÀ DELLA TERRA non basta a soddisfare le pressanti richieste umane e così un milione di specie animali e un milione di specie vegetali rischiano di scomparire per sempre: un’estinzione di massa mai vista prima da quando esiste il genere umano.

Nessuno nega che ogni aspetto della vita umana dipenda dalla varietà degli organismi viventi sulla Terra e dalla loro interazione, appunto la «diversità biologica» – il termine fu introdotto nella comunità scientifica nel 1980 dal biologo Thomas Lovejoy. Basti pensare che: 87 dei 115 prodotti agricoli più importanti dipendono dall’impollinazione da parte di insetti o altri animali (il valore del loro negletto «lavoro» è stimato intorno ai 200 miliardi di dollari annui); decine di migliaia di specie vegetali sono raccolte per la medicina tradizionale e moderna; alberi e foreste rilasciano l’ossigeno che respiriamo e sono un baluardo naturale contro l’effetto serra.

In questo 2020 si susseguono tragedie apparentemente separate, e invece frutto di uno stesso circolo vizioso: i nuovi record nei livelli di riscaldamento globale dell’atmosfera, gli incendi interminabili in Australia, gli sciami di locuste in Africa e Asia che minacciano le coltivazioni del Sud globale (da decenni non se ne vedevano tante), e infine il Covid-19, una malattia di origine animale – zoonosi – come il 75% di tutte le nuove patologie infettive emergenti. Malattie opportunistiche le quali, come spiegava già nel 2016 il rapporto Frontiers 2016 Report. Emerging Issues of Environmental Concern. si affermano dove ci sono cambiamenti nell’ambiente, negli ospiti animali o umani, e negli stessi patogeni. Secondo il rapporto 2019 su biodiversità e servizi ecosistemici dell’Ipbes (il panel di esperti dell’Onu sulla biodiversità), le zoonosi uccidono 700.000 persone ogni anno. Una strage che avveniva nel silenzio; fino al Covid-19.

COMUNQUE, QUASI A RICORDARE che la pandemia non deve oscurare moltissime altre emergenze ambientali, uno dei focus della Giornata 2020 è la necessità di controllare l’uso delle sostanze chimiche, spesso killer di viventi. Nel 2006 è stato approvato a livello internazionale l’Approccio multisettoriale strategico alla gestione internazionale delle sostanze chimiche (Saicm), il cui obiettivo – sulla base del Vertice di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile del 2002 – prevedeva che entro il 2020 le sostanze di sintesi (e relativi scarti) fossero «prodotte e usate in modo da minimizzare l’impatto negativo sull’ambiente e sulla salute». Lo chiede anche il sotto-obiettivo 12.4 dell’Agenda 2030 approvata dall’Assemblea Onu nel 2015.

NON CI SIAMO AFFATTO. Suggerimenti pratici dell’Unep: «Mentre il mondo sta riconsiderando le proprie abitudini, ecco cosa possiamo fare: non usare sostanze chimiche come i neonicotinoidi – fra gli insetticidi più usati al mondo-, nocivi per gli animali impollinatori; attenzione ai pesticidi che oltre a generare resistenza alternano l’equilibrio fra le specie; non gettare nei sistemi igienico-sanitari sostanze farmaceutiche o tossiche, né materiali tossici nella pattumiera; evitare l’uso della plastica usa e getta e minimizzare i rifiuti (l’inquinamento marino da plastica colpisce almeno 267 specie animali)».

UN PROMEMORIA APPROPRIATO, in questi tempi di «sanificazione» a tutto spiano, compresa la scriteriata irrorazione di superfici esterne con ipoclorito di sodio, che secondo le linee guida dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) «è associabile a un aumento di sostanze pericolose nell’ambiente» e può nuocere alle acque superficiali e sotterranee. Lo stesso Istituto suggerisce poi in occasione della Giornata un piccolo decalogo pro-biodiversità.

L’ALT ALLA DEFORESTAZIONE, una regolamentazione severa del commercio della fauna selvatica e un monitoraggio dei luoghi di «incontro» fra umani, animali selvatici e specie allevate, è stata chiesta dal rapporteur speciale dell’Onu su diritti umani e ambiente, David Boyd: «Un approccio preventivo avrebbe salvato vite e risorse economiche. Il diritto a un ambiente sano, pulito, salubre e sostenibile è riconosciuto per legge da 156 stati e dovrebbe diventare norma internazionale, uno dei più importanti diritti umani del XXI secolo».

E OGGI IL MOVIMENTO FRIDAYS for Future (Fff) torna in strada in 30 città italiane (https://fffutu.re/5giugno), con eventi adatti ai tempi: scioperi in bicicletta e piazze riempite di scarpe e cartelli. Obiettivo: «In questo momento il Governo, il Parlamento e le istituzioni europee stanno progettando le misure per ripartire dopo la crisi del Coronavirus. Ora più che mai vogliamo far sentire la nostra voce, affinché gli ingenti fondi a disposizione del nostro paese siano investiti in un ambizioso piano per la transizione ecologica del paese. La ripartenza non sia un ritorno alla normalità, ma un salto verso un mondo nuovo». Senza reticenze Fff esprime «disappunto e delusione per le prime misure economiche adottate durante la fase 2». Eppure «sono in gioco le nostre vite, la nostra salute, la nostra economia, il nostro futuro».

È IL GIORNO della pubblicazione delle proposte post-Covid, un passo ulteriore della campagna «Ritorno al futuro», sostenuta da oltre 300 scienziati, 15.000 cittadini e decine di associazioni, tra cui Greenpeace, Libera, Wwf, Cgil, Slow Food.