Occhi puntati sull’Ipo. Le voci di una possibile uscita di scena di Jack Ma dal controllo di Ant Group, braccio fintech del colosso cinese Alibaba, circolavano da tempo, come anticipava qualche mese fa il Wall Street Journal.

La conferma è arrivata solo nella giornata di ieri. Miliardario e fondatore del gigante dell’e-commerce Alibaba, Ma cederà il controllo di Ant Group nell’ambito di una ristrutturazione.

Ad annunciare la notizia è stato lo stesso gruppo, che con una nota ha spiegato come l’intera struttura societaria e azionaria sarà modificata in modo da limitare il controllo del fondatore sulla fintech.

UN PASSO NECESSARIO per rimettere in carreggiata la sua tanto attesa offerta pubblica iniziale (Ipo). Perché l’azienda fondata da Ma deve ancora risollevarsi dal terribile novembre 2020, quando il debutto record di 37 miliardi di dollari previsto per la quotazione sulle borse di Shanghai e di Hong Kong era stato improvvisamente bloccato dalle autorità cinesi.

La sospensione dell’Ipo di Ant, appena 48 ore prima dell’inizio delle negoziazioni, ha danneggiato il rapporto tra le autorità di regolamentazione cinesi e i colossi tecnologici del paese, segnando la fine dell’era della crescita incontrollata delle big tech.

DUE ANNI FA, infatti, il Partito comunista cinese ha iniziato ad affilare le sue armi per rettificare il settore tecnologico e convogliare gli sforzi produttivi delle big tech in settori più utili all’interesse nazionale.

Non solo Alibaba, ma anche Tencent, ByteDance e gli altri grandi attori tecnologici cinesi sono finiti nel mirino della leadership comunista intenzionata a regolamentare l’attività di un settore che ha raggiunto un’influenza senza pari sulla vita quotidiana di milioni di cittadini.

E lo ha fatto applicando sanzioni record. Alibaba è finito nella morsa delle autorità di regolamentazione finanziaria quando nell’aprile del 2021 ha ricevuto una multa di 2,8 miliardi di dollari per abuso di posizione dominante.

L’aria per le big tech era diventata pesante già nel 2019, tanto che lo stesso Ma ha prima criticato apertamente le autorità di regolamentazione cinesi e accusato le banche di avere una «mentalità da banco dei pegni», e poi si è allontanato dalla Cina per “autoesiliarsi” in Giappone e in Thailandia.

LA CESSIONE del controllo da parte di Ma irrompe in un periodo delicato per Ant, che sta per completare la sua lunga ristrutturazione (durata due anni) per schivare una sanzione di oltre un miliardo di dollari che le autorità cinesi sarebbero pronte a imporre.

Il miliardario cinese di fatto non ha ricoperto un ruolo esecutivo in Ant Group, ma è stato comunque una figura di spicco per la società, poiché fino a ieri controllava il 53,46% delle azioni attraverso un ente finanziatore di cui detiene la posizione dominante.

Con il suo passo indietro, Ma adesso deterrà solo il 6,2% dei diritti di voto, stando a quanto precisato dal comunicato dell’azienda fintech.

Attraverso questa operazione, Ant Group potrà accelerare la ristrutturazione in corso, avviata in seguito allo stop dell’Ipo da 35 miliardi di dollari.

Un percorso però tutto in salita per la società che dovrà superare diversi ostacoli normativi: la legge cinese sulle quotazioni prevede un periodo di fermo per le aziende che hanno attraversato un recente cambio di dirigenza.

ANT GROUP, stando a quanto scrive il Financial Times, dovrà aspettare un altro anno prima di poter tentare nuovamente una quotazione sulla borsa di Hong Kong, o addirittura due su Shanghai. Una tempistica che potrebbe subire anche rallentamenti se non verranno soddisfatti determinati requisiti normativi che al momento non sono stati raggiunti.

«Nessun azionista, solo o con altre parti, avrà il controllo di Ant Group», si legge nella nota diffusa dall’azienda fintech. Il Cda del colosso cinese sarà quindi composto dai 10 principali azionisti – tra cui lo stesso Ma – con pari diritto di voto che «eserciteranno in modo indipendente», si legge nella nota di Ant.

L’adeguamento non modificherà gli interessi economici degli azionisti. Ma cambierà gli assetti di un’azienda che sarà da oggi mutata e addomesticata alle leggi di Xi.