Il muro alla frontiera tra Polonia e Bielorussia è una trappola mortale non soltanto per i migranti che provano a entrare nell’Ue ma anche per gli animali selvatici che vivono nella zona. La natura al confine sta pagando un prezzo altissimo in termini di vite animali dopo il completamento un anno e mezzo fa da parte di Varsavia di una barriera per fermare gli attraversamenti.

L’allora governo della destra populista di Diritto e giustizia (Pis) aveva utilizzato 50.000 tonnellate di acciaio per erigere alla chetichella e senza alcuna valutazione di impatto ambientale un argine tra i due paesi, insormontabile o quasi, lungo 186 chilometri.

Dall’estate del 2021 sono invece almeno 55 le vittime umane accertate dei push-back voluti sistematicamente dal Pis alla frontiera per impedire che i profughi possano presentare domanda di asilo in Polonia. L’attuale vice ministro dell’Interno Maciej Duszczyk, che preferisce utilizzare il termine zawrócenia “riaccompagnamenti” in riferimento ai respingimenti, ha confermato il mese scorso che il governo sta lavorando a una soluzione che metta in conto la sicurezza dei confini senza tralasciare l’«elemento umanitario».

Tutto lascia presagire che questa pratica non sembra destinata a essere accantonata dal governo liberale di Donald Tusk. Il suo esecutivo spera che la barriera serva a scoraggiare una volta per tutte i tentativi di entrare in Polonia. In questo modo la Straż Graniczna (Sg), la polizia di frontiera polacca, non si troverebbe più nella situazione scomoda di dover respingere i migranti spesso provenienti dai paesi dell’Africa e del Medio Oriente.

Quello che è certo è che gli animali tenteranno ancora e ancora di attraversare il confine. D’altro canto per molte specie non si tratta certo di una novità. All’interno della foresta primordiale di Białowieża, patrimonio mondiale dell’Unesco condiviso con la Bielorussia e il cui simbolo è il bisonte europeo, lupi e cinghiali per anni sono riusciti a scavarsi un passaggio sotto le reti di protezione che delimitavano il confine tra i due stati all’interno del parco. Per le linci presenti nella zona la foresta rappresentava un unico grande territorio.

Anche se la pellicola di finzione Green Border è incentrata sul dramma degli profughi respinti al confine prima della costruzione del muro, il film di Agnieszka Holland premiato l’anno scorso a Venezia contiene alcune inquadrature maestose di alci e lupi che vivono tra i boschi e le paludi in cui finiscono intrappolati i migranti.

Białowieża è adesso fisicamente spaccata in due, un disastro incalcolabile per l’intero ecosistema della zona. Negli ultimi anni le cose stanno andando di male in peggio per l’ultima foresta vergine d’Europa dopo l’operazione di disboscamento orchestrata dal Pis per arginare la diffusione incontrollata del bostrico, un piccolo coleottero che continua a lasciare il segni nei tronchi di abete rosso in tutto il Continente.

Le motoseghe si erano fermate Białowieża soltanto dopo un pronunciamento della Corte di giustizia europea nel 2018. In verità la questione del transito degli animali non era stata completamente ignorata da chi aveva progettato il muro. «Nella barriera fisica ci sono 24 passaggi per i mammiferi di grandi dimensioni oltre a numerose aperture nelle piastre di fondazione per consentire la migrazione degli animali più piccoli», spiega un portavoce della Sg. Ma il problema è un altro: «A causa della pressione migratoria messa in atto dalla polizia di frontiera bielorussa i varchi per gli animali al momento sono chiusi».

Eppure dallinizio di quest’anno i tentativi di attraversamento sono diminuiti in modo drastico. A gennaio se ne sono contati meno di cento secondo le statistiche fornite dalla stessa Sg che invece ha ammesso di non raccogliere dati sugli animali feriti o morti al confine.

All’inizio del mese scorso una rete di ong polacche ha pubblicato il rapporto La concertina uccide. È questo il nome del tipo di filo spinato scelto per il muro costruito al confine. Le spirali di concertina sono dotate di lame a rasoio che si conficcano e dilaniano le carni dei malcapitati animali.

Più a sud di Białowieża, i boschi sempre più radi lasciano progressivamente il posto al fiume Bug che finisce per segnare il confine meridionale tra i due paesi. Fino a pochi mesi fa alci, cervi, erano liberi di abbeverarsi utilizzando i bacini d’acqua lungo la frontiera.

La fauna del lungofiume è composta invece da castori, lontre e puzzole. In alcuni tratti la concertina è nascosta dalla vegetazione oppure nel bacino del fiume. C’è anche chi resta intrappolato sotto la superficie dall’acqua come i castori ad esempio. «A volte le persone riescono a cavarsela con il filo spinato, gli animali in nessun caso. Non sono in grado di riconoscere questo pericolo. La loro morte sopraggiunge in modo lento e doloroso. Difficile immaginare una sofferenza più grande e sappiamo che accade ogni giorno», spiega la psicologa degli animali e presidente di Niech Zyją! Izabela Kadłucka.

Nessuno scampo nemmeno per gli uccelli selvatici che decideranno di appollaiarsi sulla concertina scambiandola per rami. Anche per chi riesce a sopravvivere alle tagliole, le operazioni di identificazione e soccorso sono complicate dal fatto che non è consentito avvicinarsi a meno di 15 metri dalla barriera. «Gli animali finiti in trappola vanno in panico e nel tentativo di liberarsi i tagli si fanno sempre più profondi. Alla sofferenza fisica si aggiunge quella psicologica», spiega la dottoressa Anna Gdula specializzata in anestesiologia.

Per Niech Zyją! e le altri sigle che hanno preparato il rapporto l’unica soluzione sarebbe quella di rimuovere la concertina al confine. Si tratta di un postulato difficilmente realizzabile. «Possiamo offrire agli animali la possibilità di salvarsi installando ai due lati della frontiera un filo elettrico impregnato di un odore che li attiri. Dopo una leggera scarica elettrica imparerebbero a stare alla larga dalla barriera», spiega Marcin Kostrzyński, numero due di Niech Zyją!.

Qualsiasi tentativo di risolvere il problema richiederebbe l’apertura di un tavolo comune con le autorità bielorusse. Uneventualità, questultima, alquanto improbabile nellattuale scenario internazionale.