Il nome dello scrittore cileno Antonio Skarmeta è conosciuto dal pubblico italiano per aver ispirato con il suo romanzo Il postino di Neruda con Troisi, in Cile già portato sullo schermo nell’83 con il titolo Ardente paciencia e poi nuovamente nel 2022 con il film firmato da Sepulveda. Della sua esperienza come esule in Germania dopo il golpe del 1973 si presenta nella sezione «Forum Special Fiktionsbescheinigung» il suo cortometraggio del 1978 Aufenthaltserlaubnis (Permesso di soggiorno)dove si celebra la fine in contemporanea di alcune dittature, la morte di Franco, la fuga dall’Uganda di Idi Amin Dada, la fine dei colonnelli dalla Grecia, la caduta dello Scià di Persia, di Salazar dal Portogallo, in parallelo all’euforia del ritorno a casa di quanti avevano affrontato le persecuzioni politiche, i balli, le partite di pallone ed anche il rinnovo dei permessi di soggiorno, perché Pinochet era ancora al potere e ci sarebbe rimasto a lungo. Una voce fuori campo recita Neruda («L’esilio ha una forma rotonda, un cerchio, un anello: i tuoi piedi girano in tondo, attraversi la terra, non è la tua terra…»).

Skarmeta ha firmato parecchi film come regista e sceneggiatore, in Germania ha collaborato con Peter Lilienthal uno degli esponenti del nuovo cinema tedesco in La victoria (’73), Es herrscht Ruhe im Land (’76) La insurrección (’80), ha firmato Wenn wir zusammen lebten (’83, Se vivessimo insieme), Absciend in Berlin (’84, Addio a Berlino), il suo romanzo El Plebiscito è alla base del film No i giorni dell’Arcobaleno di Pablo Larrain (2012) sul definitivo referendum in Cile.

Ancora conti i sospeso sulle dittature latinoamericane: il 23 febbraio arriverà nelle sale Argentina 1985 di Santiago Mitre, premio Fipresci a Venezia e candidato all’Oscar come miglior film straniero, interpretato da due grandi attori come Ricardo Darín e Peter Lanzani. Interporetano i procuratori Julio Strassera e Luis Moreno Ocampo, che nel 1985 hanno avuto il coraggio di indagare sui crimini della dittatura militare a dispetto delle minacce di morte ricevute, in una società che, a due anni dalla fine della dittatura viveva in un clima di violenza latente.

In parallelo sarà interessante vedere alla Berlinale in prima mondiale El Juicio (Il processo) di Ulysses de la Orden (Tierra adentro, Vilca, la magia del silencio), un documentario sul girato interamente ripreso nell’85 dalla televisione nazionale di quel processo a nove rappresentanti della giunta militare, con l’accusa di detenzione illegale, tortura e omicidio. Si tratta di un materiale inedito perché trasmesso all’epoca tre minuti alla volta senza sonoro, 530 ore di girato che il regista ha suddiviso il 18 capitoli. Un processo che il procuratore Julio Strassera definì «la discesa in un luogo dove l’orrore raggiunge una profondità inimmaginabile».