Suzume di Makoto Shinkai segna il ritorno di un lungometraggio animato giapponese in competizione a Berlino, dopo più di vent’anni, quando nel 2002 La città incantata di Hayao Miyazaki non solo partecipò alla manifestazione, ma si aggiudicò anche il Leone d’Oro. Uscito lo scorso novembre nell’arcipelago, è tuttora ancora nelle sale, il film è diventato in questi mesi l’ennesimo successo di pubblico per Shinkai e sicuramente si tratta del lavoro più maturo realizzato dal regista e animatore giapponese fino ad ora. Il lungometraggio racconta l’incontro e l’amicizia fra Suzume, una giovane ragazza diciassettenne, e Sota, studente universitario che gira per il Giappone alla ricerca di porte magiche che, quando aperte, causano morte e distruzione sotto forma di disastri naturali.

Altro film animato in competizione nella capitale tedesca è Art College 1994 del cinese Jian Liu, che ritorna a Berlino dopo aver portato qui nel 2017 il suo secondo lungometraggio, Have a Nice Day, anch’esso presentato nella sezione principale. Art College 1994 è ambientato in un campus universitario durante gli anni novanta del secolo scorso, con protagonisti un gruppo di amici alle prese con una società che sta radicalmente cambiando, da una parte, e il tentativo di realizzare i propri sogni sia artistici che sentimentali, dall’altra. L’ultimo film estremo orientale presente in competizione è The Shadowless Tower con cui il regista di doppia nazionalità coreana e cinese Lu Zhang segue le vicende di un critico gastronomico, divorziato e con una figlia di sei anni, nella Pechino contemporanea e i suoi tentativi di riconnettersi con il suo passato.

Al Berlinale Special sarà invece presentato Kill Boksoon di Sung-hyun Byun, film d’azione in cui una donna killer deve fare i conti con i propri impegni familiari e con le richieste sempre più pressanti dei suoi clienti, il lavoro sarà disponibile su Netflix a partire da fine marzo.

Sempre nella stessa sezione sarà proiettato #Manhole di Kazuyoshi Kumakiri che ritorna dietro la macchina da presa a circa sei anni di distanza dal suo ultimo lavoro. Il giapponese, autore di interessanti ed originali lavori quali Sketches of Kaitan City, My Man o Summer’s End, racconta qui la storia di Shunsuke, un giovane uomo di successo in procinto di sposarsi che la notte prima delle nozze cade in un tombino da cui non riesce più ad uscire. Conclude la presenza asiatica al Berlinale Special Mad Fate, di Cheang Soi, importante autore della scena cinematografica di Hong Kong dal finire degli anni novanta in poi in particolare con i suoi film d’azione e horror.

Un po’ a sorpresa la decisione di invitare l’ultimo lavoro di Sang-soo Hong, In Water, nella sezione Encounters e non in competizione, per l’autore sudcoreano si tratta comunque della sesta partecipazione alla Berlinale, dove, nel corso dell’ultimo lustro, ben quattro dei suoi film si sono aggiudicati l’Orso d’Argento, da On the Beach at Night Alone a The Woman who Ran, da Introduction fino a The Novelist’s Film, nell’edizione dello scorso anno.

Altro film proveniente dalla Corea del Sud è Regardless of Us di Heong-jun Yoo, storia di un attore in convalescenza dopo esser stato colpito da un ictus e della successiva relazione con i suoi amici. Il film sarà presentato in Forum, dove saranno anche proiettati due lungometraggi giapponesi, There Is a Stone e Remembering Every Night. Quest’ultimo è firmato dalla giovane Yui Kiyohara, qui al suo secondo lavoro dopo Our House del 2018, e viene descritto come una brezza estiva in cui si muovono le vite di alcune donne impegnate nelle loro attività quotidiane. Simile nel tono, almeno da quanto se ne deduce, è There Is a Stone in cui Tatsunari Ota mette in scena il girovagare e l’oziare di una giovane donna nella provincia giapponese.

Forum Expanded è la sezione riservata solitamente ai lavori più formalmente liberi e sperimentali e nell’edizione di quest’anno saranno lì presentati Mangosteen dell’artista tailandese Tulapop Saenjaroen, una storia sull’arte di raccontare storie, e That Day, on the River, un lavoro con cui il cinese Lei Lei, attraverso un mix di animazione, collage e materiale d’archivio, incrocia storia personale, quella della casa di suo padre, con quella rurale del suo paese. Da segnalare inoltre la proiezione speciale di Time Tunnel: Takahiko Iimura at Kino Arsenal, 18. April 1973, con il quale si ricorda l’installazione presentata appunto nel 1973 all’Arsenale e creata dal regista sperimentale giapponese scomparso lo scorso luglio.

Ritorna a Berlino la giovane regista Shuai Han, dopo la sua partecipazione due edizioni or sono con Summer Blur, debutto che le valse il Generation KPlus Grand Prix. L’autrice cinese quest’anno presenta nella sezione Panorama Green Night, storia di una donna intrappolata in un matrimonio violento e della possibilità di costruirsi una vita diversa e migliore attraverso l’incontro con una misteriosa donna dai capelli verdi, il film è interpretato dall’attrice sudcoreana Joo-young Lee e dalla star cinese Bingbing Fan.

Paradossalmente, due dei più importanti lavori usciti dal Sol Levante lo scorso anno, Shin Ultraman di Shinji Higuchi e Revolution+1 di Masao Adachi, uno più diverso dall’altro, saranno proiettati durante «La settimana della critica». Se il primo è il secondo capitolo, dopo l’ottimo Shin Godzilla, di quella ripresa e rielaborazione di famose serie tokusatsu giapponesi del secolo scorso, il film di Adachi, al di là dell’aspetto puramente formale del lavoro in sé, è forse una delle opere più significative dell’anno appena trascorso in Giappone. Revolution+1 infatti ricostruisce in un lavoro di finzione le vicende che hanno portato Tetsuya Yamagami ad uccidere l’otto luglio 2022 l’ex primo ministro giapponese Shinzo Abe. Dal suicidio del padre, alla povertà dovuta al fatto che la madre si unì alla cosidetta Chiesa dell’Unificazione, il film, girato in sole due settimane e con un budget bassissimo, rimane un potente e in qualche modo estemporaneo esempio delle potenzialità di resistenza al presente che il cinema, qualsiasi cosa esso sia, ancora possiede.