È atterrato ieri a Cipro papa Francesco, per il 35mo viaggio del proprio pontificato.

Una trasferta dagli importanti significati religiosi, per l’incontro con la minoranza cattolica e con le altre comunità cristiane, maronite e greco-ortodosse. Ma soprattutto dall’altro valore politico: a Cipro c’è l’ultimo muro “storico” (che divide i ciprioti dagli occupanti turchi) di un’Europa dove si costruiscono nuovi muri per bloccare i migranti; dopo Cipro il pontefice si sposterà in Grecia, tornando anche a Lesbo, dove andò già nel 2016, riportando in Vaticano alcuni profughi (che ha voluto incontrare ieri mattina, prima di decollare da Fiumicino) e contribuendo all’apertura di un «corridoio umanitario» in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio. E proprio ieri è arrivata la denuncia di Amnesty International: oltre cento richiedenti asilo sono detenuti illegalmente in Grecia in un nuovo campo sull’isola di Samo finanziato dall’Unione europea: «Questo campo somiglia più a una prigione che a un luogo per persone in cerca di salvezza. Siamo di fronte a un pessimo uso dei fondi dell’Ue, una grave violazione dei diritti umani», ha spiegato la ricercatrice Adriana Tidona.

Le parole pronunciate ieri dal pontefice hanno camminato lungo questi binari: ecumenismo, dialogo, accoglienza, fraternità fra i popoli.

La Chiesa cristiana – una delle prime comunità, secondo la tradizione fondata dall’apostolo Barnaba – «grazie alla presenza di tanti fratelli e sorelle migranti, si presenta come un popolo multicolore, un vero e proprio luogo di incontro tra etnie e culture diverse», ha detto il papa nell’incontro nella cattedrale maronita di Nicosia. «Non dobbiamo sentire la diversità come una minaccia all’identità, se cadiamo in questa tentazione cresce la paura, la paura genera diffidenza, la diffidenza sfocia nel sospetto e prima o poi porta alla guerra», ha proseguito, rivolgendosi poi indirettamente alla politica: «Con la vostra fraternità potete ricordare all’Europa che per costruire un futuro degno dell’uomo occorre lavorare insieme, superare le divisioni, abbattere i muri. Abbiamo bisogno di accoglierci e integrarci, di camminare insieme, di essere sorelle e fratelli tutti!».

Poi l’incontro con il presidente della Repubblica e i ministri, a cui ha ricordato il ruolo di Cipro di «porta aperta» fra l’Europa e il Medio Oriente, nel cuore del Mediterraneo, diventato ora «luogo di conflitti e di tragedie umanitarie. «È il mare nostrum, il mare di tutti i popoli che vi si affacciano per essere collegati, non divisi. Cipro, crocevia geografico, storico, culturale e religioso, ha questa posizione per attuare un’azione di pace».

Oggi la visita prosegue con l’incontro con Chrysostomos II, arcivescovo ortodosso di Cipro e, dopo una messa allo stadio di Nicosia, con la preghiera ecumenica con i migranti. Sabato il trasferimento in Grecia e domenica la visita al centro di accoglienza e identificazione dei migranti a Mitilene, sull’isola di Lesbo.