Poche ore dopo gli attacchi che hanno distrutto un presunto centro di spionaggio israeliano a Erbil e un centro dell’Isis a Idlib, i Guardiani della Rivoluzione iraniani puntano i loro missili verso il Pakistan. I «missili di precisione e droni» mirano due roccaforti chiave del gruppo terroristico Jaish al-Adl in Kouh-Sabz nella provincia del Baluchistan pachistano.

È una rappresaglia per la morte di 11 membri poliziotti durante un blitz in una stazione di polizia nella città di Rask, nella provincia del Sistan e del Baluchistan, nel sud-est dell’Iran, il mese scorso, rivendicato da Jaish al-Adl.

IL JAISH AL-ADL è composto da milizie sunnite baluci iraniane che combattono contro la Repubblica islamica con l’obiettivo di ottenere l’indipendenza della regione Sistan e Baluchistan, a maggioranza sunnita.

È considerato dalle autorità iraniane un gruppo terroristico affiliato ai servizi segreti dell’Arabia saudita e degli Stati uniti. I servizi di sicurezza del paese hanno costantemente trovato difficoltà nel controllo dei gruppi insorti in questa regione.

La posizione del Sistan-Baluchistan, adiacente al Pakistan e all’Afghanistan, lo collega al centro di uno dei corridoi più pericolosi al mondo per il traffico di droga, armi e esseri umani. Da molto tempo, Teheran sostiene che il Pakistan offra un rifugio sicuro al gruppo. Le indagini condotte dagli iraniani suggeriscono che i militanti del gruppo entrino in Iran dal Pakistan.

La Repubblica islamica ha perseguitato e combattuto il gruppo nelle zone di confine tra i due paesi, ma un attacco con missili e droni all’interno del Pakistan è una mossa senza precedenti.
Il vice commissario del distretto Panjgur in Pakistan, Mumtaz Khetran, ha affermato che i raid hanno ucciso due ragazze di 8 e 12 anni e ferito almeno altre quattro persone a circa 60 km dal distretto di Panjgur.

Il ministero degli esteri pakistano ha condannato l’incursione iraniana, definendola una violazione della sovranità pakistana, e ha aggiunto: «Il Pakistan ha sempre affermato che il terrorismo è una minaccia comune per tutti i paesi della regione, che richiede un’azione coordinata. Tali atti unilaterali non sono conformi alle relazioni di buon vicinato e possono seriamente minare la fiducia bilaterale».

Mumtaz Zahra, portavoce del ministero, ha annunciato che il suo paese ha richiamato l’ambasciatore da Teheran e che quello della Repubblica islamica a Islamabad, attualmente in Iran, non potrà tornare in Pakistan per il momento. «Il Pakistan si riserva il diritto di rispondere a questo atto illegale. L’Iran è pienamente responsabile di queste conseguenze», ha aggiunto Zahra.
Per giustificare le proprie azioni, la Repubblica islamica ha sostenuto che gli attacchi contro i terroristi non si discostano dalle operazioni di «assassinii mirati» organizzate dagli Stati uniti in Medio Oriente. Il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, ha affermato che «per l’Iran non esiste questione più importante della sua sicurezza».

IL MINISTRO degli esteri iraniano Hossein Amirabdollahian ha affermato che nessun cittadino del «paese amico e fratello» del Pakistan è stato preso di mira dai missili e dai droni iraniani, e che l’obiettivo è stato solo «un gruppo terrorista iraniano».

Mentre la linea ufficiale a Teheran resta quella di non cercare l’escalation nel conflitto mediorientale, i commentatori iraniani hanno interpretato l’azione come un segnale di allontanamento dalla politica iraniana di «pazienza strategica» e di un avvicinamento dell’Iran a uno scontro diretto con Israele e gli Stati uniti, non solo in Medio Oriente.

Sembra che gli attacchi iraniani in Iraq e in Siria erano stati studiati per evitare una reazione militare americana, cercando di non coinvolgere obiettivi nei paesi occidentali. Baghdad e Damasco sono, per lo più, alleati della Repubblica islamica e l’attacco non dovrebbe scatenare una risposta che Teheran non possa gestire.

Tuttavia, la decisione dell’Iran di attaccare i suoi nemici minori nel territorio pakistano, nonostante le crescenti interazioni tra funzionari pakistani e iraniani, sia civili che militari, specialmente dopo la normalizzazione dei rapporti tra l’Arabia saudita e l’Iran, suscita alcune perplessità tra gli osservatori.

Il 16 gennaio mentre l’Iran sganciava i suoi missili, le forze navali iraniane e pakistane partecipavano a un’esercitazione navale nel Golfo Persico e nello Stretto di Hormuz. Ad inizio settimana, il ministro degli esteri ad interim del Pakistan, Jalil Abbas Jilani, aveva incontrato il rappresentante speciale dell’Iran per gli affari afghani, Hassan Kazmi Qomi, a Islamabad dove i due avevano deciso un «maggior coordinamento per la stabilità regionale».

ALCUNE ORE prima del raid di Teheran, il primo ministro provvisorio pakistano Anwaar-ul-Haq Kakar aveva incontrato il ministro degli affari esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian, a margine del Forum economico mondiale a Davos in Svizzera.

Perché, in questo momento delicato, l’Iran ha assunto tale rischio? È possibile che l’Iran non abbia fornito alcuna indicazione preventiva dell’attacco alle autorità pakistane, violando il sistema di difesa aerea del Pakistan, rischiando così di provocare ritorsioni impreviste?

L’uso propagandistico domestico di questi attacchi è evidente. L’establishment cerca di contenere la sete di vendetta dei suoi membri ultra conservatori dopo i vari attacchi subiti, mostrando la propria forza senza suscitare avversità popolare. Anche perché l’attacco ai presunti centri del Mossad, dell’Isis e ora al gruppo Jaish al-Adl, visto come una forza separatista, non trova avversità neanche tra l’opposizione iraniana.