A distanza di un anno dalla denuncia internazionale che ha fatto luce sul lato oscuro del mercato delle auto elettriche, alcune multinazionali europee fanno dietrofront sugli investimenti in Indonesia per l’estrazione del nichel. Anche il colosso americano Tesla corre ai ripari: automotive green, sì, ma senza violare i diritti umani. L’impegno proviene da più parti. Per un verso l’azienda chimica tedesca Basf si è ritirata dal progetto Sonic Bay da 2,6 miliardi di dollari, finalizzato alla raffinazione del nichel sull’isola indonesiana di Halmahera, in collaborazione con la francese Eramet. Per l’altro Tesla ha dichiarato necessaria la tutela dei popoli incontattati, che vivono nella foresta asiatica, annunciando l’idea di istituire una zona interdetta alle attività minerarie, definita «no-go zone».

LO SCORSO ANNO ERA STATA L’ONG Survival International, in prima linea nella difesa dei popoli indigeni, a rendere note al manifesto le gravi conseguenze dell’estrazione di nichel in Indonesia, che nel 2023 si è classificata come il più grande produttore al mondo. Tesla nel frattempo aveva già firmato accordi milionari.

L’ESTRATTIVISMO A QUESTE LATITUDINI è cresciuto di anno in anno. Non tutto però è così ecosostenibile come potrebbe sembrare. Non lo è per la foresta, che dalle immagini satellitari appare visibilmente corrosa negli ultimi otto anni. Non lo è per la tipologia di impianti costruiti, alcuni sarebbero obsolete centrali a carbone. Una campagna serrata di sensibilizzazione su quanto sta accadendo e un vero e proprio mailbombing alle società coinvolte nel mercato del nichel ha prodotto un primo cambio di passo.

SULL’ISOLA INDONESIANA DI HALMAHERA, la più grande dell’arcipelago delle Molucche nell’Oceano Pacifico, sorge la miniera di nichel più estesa al mondo, gestita dalla Weda Bay Nickel dal 2019. La concessione è destinata a durare almeno 50 anni. L’imponente parco industriale è stato edificato lì dove fino a qualche anno fa c’era la foresta. Le conseguenze dell’attività mineraria non riguardano soltanto la natura, ma anche la sopravvivenza del popolo incontattato di cacciatori-raccoglitori nomadi Hongana Manyawa. Vi farebbero parte circa 3 mila membri, di cui tra i 300 e i 500 incontattati. A minacciarne la sopravvivenza sarebbe proprio l’estrazione del metalli per la produzione di batterie per le auto elettriche. Di norma «rifiutano di interagire con gli esterni – spiega Survival International – e per sopravvivere dipendono totalmente dalla loro foresta. Il contatto con l’esterno li espone a malattie verso cui non hanno difese immunitarie e che potrebbe ucciderli. Ma l’estrazione mineraria sta distruggendo la loro foresta ancestrale, sotto cui giace un enorme deposito di nichel».

ALCUNI ESPONENTI DI QUESTO POPOLO, il cui nome è da riferirsi proprio alla natura a cui è strettamente connesso, stanno già subendo cambiamenti irreversibili. Lo dimostra un video registrato di recente, che ritrae tre membri Hongana Manyawa dirigersi fuori dalla foresta verso i minatori in cerca di cibo. Normalmente si alimentano con cinghiali, cervi e altri animali. Ricavano i carboidrati dalla palma da sago. Si curano con le erbe. Vivono in case costruite con rami e foglie. Piantano un albero ad ogni nascita e seppelliscono insieme alle radici il cordone ombelicale. Si spostano periodicamente nella foresta per consentire alla natura di rigenerarsi. Dagli esponenti non più incontattati si eleva un grido unanime: «Andate via. Abbiamo bisogno della foresta per sopravvivere, senza non esisteremo più».

Il rischio che vengano sterminati, tenuto anche conto del numero esiguo dei membri e della sempre più ridotta porzione di foresta a disposizione, resta elevato. Per questo Survival ha lanciato una campagna, che ha portato circa 20 mila sostenitori di tutto il mondo a scrivere a Eramet, Basf e all’amministratore delegato di Tesla Elon Musk, chiedendo alle compagnie di prendere posizione contro l’estrazione di nichel e cobalto nel territorio degli Hongana Manyawa incontattati ad Halmahera. «Sono in fuga – dice Survival International – senza la loro foresta, non sopravvivranno. Le auto elettriche vengono commercializzate come alternativa ecocompatibile alle auto alimentate a combustibili fossili, ma nel modo in cui viene estratto il nichel ad Halmahera non c’è niente di ecologico».

AL MOMENTO TESLA NON ACQUISTA dalla Weda Bay Nickel, di cui Eramet è comproprietaria, ma ha firmato accordi – stando a quanto ricostruito da Survival – «con le compagnie cinesi Hayyou Cobalt e Cngr Advanced Material, entrambe collegate all’estrazione del nichel dall’isola di Halmahera». Il colosso americano, che ha inserito nel suo Impact Report 2023 l’annuncio di una possibile istituzione di una «no-go zone», ovvero di un’area in cui l’attività mineraria è interdetta a tutela dei diritti dei popoli indigeni, ha anche chiarito che i suoi fornitori dovrebbero operare esclusivamente in quei territori indigeni in cui è stato rilasciato – come prevede la legge internazionale – il consenso previo, libero e informato. Tuttavia ciò non è possibile per le tribù incontattate.

«LA SITUAZIONE PER GLI HONGANA Manyawa è particolarmente urgente e drammatica – denuncia la direttrice di Survival International Caroline Pearce – non hanno dato e non possono dare il loro consenso alla distruzione della loro foresta; se le compagnie minerarie dovessero continuare a devastare la loro terra, potrebbero essere sterminati completamente. Nessuna compagnia può estrarre minerali dalla loro terra senza rischiare di rendersi complice di un genocidio».

UN CAMBIO DI PASSO C’È STATO anche dal punto di vista politico con le recenti dichiarazioni del presidente del Senato indonesiano La Nyalla Mahmud Mattalitti, che ha esortato il governo a «intervenire immediatamente per fornire protezione alla tribù indigena».