Dopo diciotto ore di riunione, nella notte tra martedì 28 e mercoledì 29 giugno i ministri dell’Ambiente dell’Unione europea hanno adottato i principali provvedimenti del pacchetto clima «Fit for 55» che prevede, tra l’altro, lo stop alla vendita (ma non alla circolazione) di auto a benzina e diesel dal 2035. Il Consiglio – per l’Italia era presente il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani – ha anche deciso di aumentare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per le nuove auto e i nuovi furgoni entro il 2030, portandoli al 55% per le auto e al 50% per i furgoni.

Una decisione sofferta e nient’affatto scontata, anche perché un gruppo di Paesi, tra cui l’Italia, ha tentato di boicottarla, nonostante una precisa volontà comunitaria, come dimostrano le parole del vice presidente della Commissione Frans Timmermans: «Ce l’abbiamo fatta, contro ogni pronostico, molti pensavano fosse impossibile ma oggi è un grande giorno per il Green Deal europeo». Una nota del Consiglio d’Europa spiega che ora che «il Consiglio ha concordato le sue posizioni sulle proposte, possono iniziare i negoziati con il Parlamento europeo per raggiungere un accordo sui testi giuridici finali». Solo a quel punto sarà vero e definitivo lo stop alle auto alimentate con combustibili fossili tra 13 anni.

La lunga discussione tra i ministri dell’Ambiente ha portato tuttavia a un peggioramento del testo uscito dal Parlamento Ue, con l’adozione di alcuni emendamenti come quello legato a una deroga concessa per salvaguardare i potenti motori a scoppio delle auto di lusso, come Ferrari o Maserati, e quello sui cosiddetti combustibili sintetici. Una scelta, quest’ultima, che è stata accolta e commentata con scetticismo da Timmermans: «La schiacciante maggioranza dei costruttori in Europa e nel mondo ha già fatto la sua scelta» e «quella dei carburanti sintetici non sembra una possibilità realistica per via dei costi proibitivi».

Secondo il vice-presidente della Commissione, «niente di ciò che è stato deciso ci svierà dall’obiettivo fissato», e cioè auto a emissioni zero entro il 2035. Ci sarà un momento intermedio, nel 2026, in cui i produttori potranno dimostrare di poter raggiungere presenti obiettivi di neutralità climatica. La posizione tenuta dall’Italia nel corso del negoziato è stigmatizzata da Europa Verde, in una nota del portavoce Angelo Bonelli: «Cingolani e Giorgetti hanno dimostrato in Europa di essere l’avamposto dei negazionisti climatici ma sono stati sconfitti e per il governo Draghi è una pessima figura quella registrata sul piano “Fit for 55”. La bocciatura del consiglio Ue delle proposte del governo italiano di proroga al 2040 sullo stop alla vendita alle auto diesel e benzina, dimostrano quanto sia isolata l’Italia in Europa sui temi della transizione ecologica».

Le parole di Bonelli richiamano quelle di Simone Marinelli, coordinatore nazionale automotive per la Fiom-Cgil: «Abbiamo bisogno di recuperare il tempo perso, il nostro Paese deve recuperare il ruolo di innovatore ed elaborare un piano straordinario per definire gli obiettivi su come investire le risorse pubbliche e private. C’è l’urgenza e la necessità di ripensare la filiera di forniture, accorciare le distanze, produrre quello che oggi compriamo all’estero e attrarre nuovi costruttori per diversificare il mercato e creare nuova occupazione». Marinelli invita a discutere di politica industriale come richiesto più volte dalla Fiom insieme alle altre organizzazioni sindacali e al sistema di rappresentanza delle imprese.

E se Conftrasporto e Confcommercio parlano di un rischio per l’occupazione, i deputati del M5S in commissione Attività produttive Giuseppe Chiazzese e Luca Sut evidenziano che «il nostro sistema industriale è ricco di eccellenze e di know how sulla mobilità pulita e sulla sostenibilità», invitando il governo a «supportare concretamente la ricerca e l’innovazione per accompagnare le aziende, le parti sociali e i lavoratori per cogliere le opportunità che derivano dalla creazione di nuove filiere nell’elettrificazione e nella digitalizzazione della mobilità. Vanno valorizzate le tante imprese italiane che investono sulla produzione delle batterie e sulla progettazione in chiave circolare degli accumulatori e della componentistica».

L’invito all’esecutivo è a uscire da una posizione di retroguardia nei confronto di una decisione importante ma, secondo alcuni, insufficiente: Greenpeace Europa definisce «rattoppato» l’accordo raggiunto ieri notte, perché «la scadenza del 2035 è troppo tardi per limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi«». L’organizzazione ambientalista specifica anche che «affinché l’Ue onori i suoi impegni con l’accordo sul clima di Parigi le vendite di nuove auto a benzina, diesel e ibride devono terminare entro il 2028, secondo i calcoli commissionati da Greenpeace Belgio».