Il congresso dei deputati spagnolo ieri ha approvato la legge d’amnistia. Dopo tre mesi di tira e molla, di durissime trattative con i due principali partiti indipendentisti catalani, Esquerra republicana e Junts, e con una destra scatenata contro un provvedimento che, dicono, divide gli spagnoli e rompe il paese, per il partito socialista il voto di ieri (178 contro 172, nessun astenuto) doveva essere la pietra miliare per iniziare, finalmente, a dare forma a questa legislatura.

Certo, manca la traversata del deserto del voto al Senato (che sarà contrario alla norma: lì il Pp ha la maggioranza e tirerà per le lunghe, fino a due mesi). Ma il più è fatto: in seconda lettura sarà approvata definitivamente, e, come hanno sottolineato ieri i socialisti e gli indipendentisti, si apre una nuova fase politica per chiudere definitivamente i tempi bui in cui il Pp aveva mosso guerra contro l’indipendentismo e le persone che avevano votato nel referendum illegalizzato del 2017. Hanno votato a favore della legge, oltre ai socialisti e Sumar, i galiziani del Bng, Esquerra, Junts, i baschi Eh-Bildu e Pnv, e Podemos.

Nell’ultima versione della legge, continuano a essere esclusi dal colpo di spugna i reati di terrorismo più grave, ma viene introdotto un riferimento al diritto europeo anziché al codice penale, cosa che diminuirà il margine di discrezione dei giudici spagnoli che cercassero di boicottare la misura di clemenza. Molti dei quali probabilmente cercheranno comunque di impedire l’applicazione della norma con la scusa della possibile incostituzionalità e appellandosi alle corti europee.

QUESTO È LO SCENARIO futuro, perché nel frattempo il governo non può tirare un sospiro di sollievo, come sperava. Perché lo scenario politico è cambiato radicalmente. Mercoledì, a sorpresa, il presidente catalano, di Esquerra, Pere Aragonés ha convocato elezioni anticipate in Catalogna per il 12 maggio. La decisione è dovuta al fatto di non essere riuscito a mettere d’accordo i socialisti e i Comuns (partito guidato dall’ex sindaca Ada Colau e alleato di Sumar) sull’appoggio alla sua finanziaria per il 2024. Una finanziaria molto espansiva che però Esquerra, alla guida da due anni di un governo in minoranza, non poteva approvare da sola. Settimane di negoziati non hanno portato a nulla.

APPENA ARAGONÉS ha dato l’annuncio di elezioni anticipate, Sánchez ha capito subito che doveva rinunciare ad avere il bilancio nazionale del 2024 approvato, prorogherà quello dello scorso anno. «Lavoriamo sui conti del 2025», ha fatto subito sapere, «e smettiamo di tentare di negoziare quelli del 2024». Era impensabile infatti trattare in maniera fruttifera con Esquerra e Junts, che si disputano lo spazio politico in Catalogna il 12 maggio, e contemporaneamente con Eh Bildu e Pnv, partiti indipendentisti baschi, pure l’uno contro l’altro armati per le elezioni basche (che saranno ad aprile). Per non parlare del fatto che a giugno ci sono le Europee.

Sánchez ci ha messo una pietra sopra e cercherà di governare come può fino a che le nubi all’orizzonte si schiariscono – cosa che non è affatto detta. Logorati da questi faticosi mesi di governo pieni di inciampi parlamentari (la sua maggioranza è risicata e variopinta), con il primo caso di corruzione dei suoi anni di governo scoppiato all’improvviso il mese scorso, i socialisti cercheranno di navigare a vista e portare a casa qualche risultato nonostante la proroga dei conti del 2023. Per esempio, aumentando gli stipendi dei funzionari di un 2%.

IL COSIDDETTO “caso Koldo” – un consulente del potente ex ministro dei trasporti Ávalos, che si è intascato mazzette per le mascherine durante la pandemia – potrebbe indebolire ancora di più il Psoe. Comunque dato per ora in vantaggio in Catalogna, ma leggermente sotto il Pp a livello nazionale.

La presidente della comunità di Madrid per le commissioni milionarie del fratello prima, e del compagno ora, è comunque intoccabile. Almeno l’ex ministro socialista, che era solo deputato, ora milita nel gruppo misto perché il Psoe l’ha espulso, sperando di circoscrivere lo scandalo e minimizzare i danni elettorali.