Nonostante si avvicini il Natale, periodo più florido per il gigante dell’e-commerce, non è un
periodo positivo per Amazon in Italia. Dopo lo storico sciopero nel suo principale magazzino a
Castel San Giovanni nel piacentino e la reintegra di una lavoratrice-madre licenziata nello stesso
hub, ieri è arrivata la procedura aperta dall’Agcom. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
ha diffidato le società a “regolarizzare la propria posizione” avendo stabilito che alcune delle attività
del colosso dell’e-commerce sono assimilabili a quelle postali. La richiesta si basa sul principio che
le società che svolgono attività postale devono ottemperare a vari obblighi, tra cui l’essere in regola
con le disposizioni in materia di condizioni di lavoro previste dalla legislazione nazionale e ad
adottare la carta dei servizi nei confronti degli utenti. Finire nell’elenco degli altri 4.274 operatori
postali attivi nel nostro Paese, significa dover adottare il contratto collettivo di lavoro del settore.
L’Autorità ha dunque diffidato le società del gruppo Amazon Italia Logistica, Amazon City
Logistica Srl. a regolarizzare la propria posizione, “con riferimento al possesso dei titoli abilitativi
necessari per lo svolgimento di attività qualificabili come servizi postali”. E per l’ottemperanza alla
diffida ha fissato anche un termine di quindici giorni dalla ricezione dell’atto. A giudizio di Agcom è
attività postale il servizio di consegna che ha ad oggetto prodotti offerti direttamente dai venditori e
recapitati ai clienti finali, anche tramite società in appalto.
Amazon utilizza moltissimi corrieri, soprattutto Dhl e Gls, in maniera quasi residuale le stesse Poste
Italiane, che sarebbero ora favorite da questa decisione.
Ad aggravare la posizione di Amazon sono le parole di Francesco Boccia, relatore della legge di
bilancio alla Camera. “Senza nessun intervento del regolatore, Amazon oggi o qualunque altra
multinazionale domani, rischia di sommare il potere quasi monopolistico sul commercio a quello
della logistica. Ci sarebbe una massimizzazione del profitto e del potere commerciale senza
precedenti”. Boccia quindi propone di rivedere “il servizio universale postale” – ora in pratica
monopolio di Poste Italiane – estendendolo allo smistamento, alla distribuzione e al trasporto di
invii postali per pacchi dai 2 a 5 chilogrammi”. “Una cosa è certa – aggiunge Boccia – con il
commercio elettronico la vecchia funzione di Poste, archiviata da anni da molti, viene di nuovo
esaltata. Questo garantirebbe la concorrenza tra brand online e Amazon, che ha di fatto il quasi
monopolio del commercio online, dando loro la possibilità di far arrivare i loro prodotti al clienti in
24 ore, proprio come fa il colosso americano, anche in un posto lontano e considerato periferico.
Riformando il servizio universale postale riapriamo il mercato, modificando le regole”.
L’accusa ad Amazon dunque è quella di sfruttare un dumping salariale – l’utilizzo di un contratto
nazionale che riconosce salari più bassi, quello della logistica invece di quello dei recapiti postali o
lo stesso contratto nazionale delle Poste appena rinnovato – per ottenere un sostanziale monopolio
nel mercato dell’e-commerce.
Prudenti le reazioni da parte dei sindacati. “La decisione dell’Agcom mi pare un posizionamento
istituzionale rispetto ad un colosso come Amazon che oggettivamente sta modificando il mercato –
commenta Giulia Guida, segretario nazionale della Filt Cgil – . Credo dobbiamo renderci conto che
il mondo sta cambiando e quindi è giusto sederci attorno ad un tavolo e creare norme e nuovi
contratti che possano regolare l’e-commerce”.