A Roma le forze progressiste possono vincere le elezioni comunali ridando speranza alla nostra città. Tuttavia vorrei esprimere una preoccupazione. Leggo messaggi di persone che stimo che trasudano certezze granitiche. Dicono il candidato arriverà, rimandando valutazioni e responsabilità ad un qualche Re taumaturgo che dovrebbe sfornare l’invenzione, trovare il nome salvifico, un Jeeg Robot con poteri speciali assunti dopo un bagno iniziatico tra la melma del Tevere, come nel film di Gabriele Mainetti. La medesima sicurezza trapela dagli spifferi Nazareni, gli stessi che trattavano con distacco paternalista le preoccupazioni provenienti da cantieri infiniti e scelte rimandate fino all’ultimo istante per le regionali in Liguria e Marche.

Francamente trovo grave l’assenza di una iniziativa politica di ampio respiro. Ci sono le singole autocandidature, tutte benedette, ci sono gli spunti programmatici di Roberto Morassut a cui nessuno risponde, c’è il giro di ascolto nella città di Monica Cirinnà, c’è l’attivismo generoso di Amedeo Ciaccheri e di Liberare Roma. Ma non c’è l’alleanza e non c’è perché, mi duole dirlo, non c’è il Pd. Non è una accusa, ma un grido di allarme, perché senza il ruolo centrale, autorevole, paziente del partito più importante dell’alleanza, rischiamo di farci male.

Quale idea di città, quale modello di sviluppo, quali poteri, quante risorse, che tipo di governance tra Campidoglio, Municipi e Area metropolitana. E poi ancora come dettagliare su scala cittadina le opportunità del Recovery fund su transizione ecologica, piattaforme, infrastrutture immateriali, conoscenza e inclusione sociale.

Avviare un processo partecipato di progettazione della città dei prossimi dieci anni, passando per il Giubileo del 2025, sarebbe già un pezzo della campagna elettorale e del nostro modo di includere e dare visibilità a chi ha idee e visione.

L’attesa dell’uomo (mai della donna) del destino è un errore grave. Uno perché rischia di non esserci nessun super candidato. Due perché non basta l’uomo solo al comando, serve una impresa collettiva, una squadra larga, larghissima per governare una città come Roma. Tre perché, quando arriveranno i candidati terreni, non quelli super, sembrerà una diminutio. Come dire volevano Francesco Totti, ci dobbiamo contentare di Bruno Perez.

Nomi autorevoli indubbiamente farebbero la differenza. In particolare quello di David Sassoli ma, come ha spiegato ripetutamente, sta svolgendo un compito decisivo e dunque non sono pensabili le dimissioni da Presidente del Parlamento Europeo per fare il candidato sindaco.

Nel frattempo la Raggi in maniera intelligente e insidiosa sta polarizzando la dialettica politica: da un lato lei dall’altro la destra. Più tempo passa e più si consolida questa dinamica. Si dice anche che la destra non ha ancora un candidato. Vero, ma la destra dispone di due leader nazionali che polarizzano il consenso del loro campo. Votano Salvini e Meloni, molto meno i candidati, il progetto, l’idea di città o Regione. Noi saremo competitivi, al contrario, se indoviniamo il candidato, lo schema, le alleanze, l’idea di città.

Non abbiamo molto tempo. Urge la convocazione dell’alleanza civica e progressista aperta a tutte le associazioni, intelligenze, comitati, sindacati che vogliono dare il loro contributo. E sarà questo, a mio avviso, il tavolo che deciderà le modalità del processo politico da innescare.

Su tutto: candidato, programma, idee e approccio alla campagna elettorale. Sarebbe un gesto di responsabilità e coraggio che il Partito Democratico non può non fare.

Personalmente continuo a pensare che le primarie siano lo strumento migliore per avviare una grande mobilitazione popolare e per individuare la leadership, ma appunto se esiste un luogo riconosciuto da tutti in cui si decide insieme sarà quel luogo a decidere per ognuno dei partecipanti.

Quando Alessia dice a Enzo Ceccotti in arte Jeeg Robot che lui ha il dono dei superpoteri perché deve salvare le persone, Ceccotti risponde, “A me ‘a gente me fa schifo”. Ecco cerchiamo di tenere lontana da noi la tentazione elitaria e plebea di poter fare a meno del popolo.
Certamente serve il candidato e serve il programma ma ancora di più serve la motivazione e la passione di migliaia di persone pronte a battersi per riportare la città nelle mani del campo progressista.

Proviamoci tutti insieme.