Due romanzi russi, più o meno di metà Ottocento, hanno per titolo interrogativi impellenti: Di chi è la colpa? e Che fare?. In forma di domanda, indicano bene la singolare funzione che la letteratura russa fu chiamata a svolgere, volente o meno, nel corso di quel secolo: scrutare la realtà facendo ricorso a strumenti concettuali presi dall’ambito dell’etica e della critica sociale. Del secondo testo si sa molto: scritto da Cernyševskij in galera nel 1863, Che fare? sarebbe diventato un vademecum per diverse generazioni di rivoluzionari russi, fino a venire considerato dagli avversari il «corano del nichilismo». Il suo titolo fu ripreso da Tolstoj, e poi, nel 1902, da Lenin. Meno noto è il caso del romanzo di Aleksandr Herzen Di chi è la colpa?, concepito durante l’esilio politico nella provincia russa e pubblicato a Pietroburgo nel 1847 con lo pseudonimo di Iskander, ora tradotto in italiano per la prima volta da Mirco Gallenzi (Oscar Mondadori, pp. 375, € 15,00).

Sono molti i grandi romanzi russi, da Anna Karenina a I fratelli Karamazov, che avrebbero potuto adottare quale sottotitolo un assillante «di chi è la colpa?» E perché il lettore potesse giudicare da sé, rispondendo semmai in modi diversi all’interrogativo fatale, doveva disporre di tutti gli elementi della vicenda narrata, insomma di quello che Tolstoj chiamava il«labirinto delle concatenazioni». Per decidere a chi attribuire l’una o l’altra colpa, occorre acquisire una speciale dimestichezza con quel particolare habitat umano, fatto di rapporti sociali, istituzioni storiche e forme di vita da esse plasmate, in cui siamo sempre, più o meno inconsapevolmente, immersi.

Dal 1852 a Londra
Herzen non era un romanziere (come non lo era Cernyševskij, del resto). Il tentativo di diventare narratore, compiuto in giovane età, resta un episodio isolato nel suo burrascoso percorso di pensatore politico e saggista militante. Per lo storico Franco Venturi, è lui il vero padre di quella corrente del socialismo europeo che in Russia prese il nome di «populismo»: «Prima di diventare un movimento politico – scrive Venturi – il populismo non si era espresso in una dottrina ma in una vita, in quella di Herzen». Vero. A patto di aggiungere che, oltre a incarnare un modello di pensiero politico, Herzen, per merito soprattutto della splendida prosa autobiografica raccolta in Il passato e i pensieri, va considerato senza esitazioni uno dei maggiori scrittori dell’Ottocento russo.

Il futuro autore della dottrina che porta il nome di «socialismo russo», da giovanissimo giurò solennemente, insieme all’amico Nikolaj Ogarev, di consacrare la propria vita al popolo e alla sua liberazione. Cresciuto leggendo voracemente Fourier e Saint-Simon, già da studente fu colpito dalla crisi che affliggeva una civiltà, quella occidentale, alla ricerca di una nuova religione sociale. Nel 1848, aderì con slancio ai moti rivoluzionari in Francia e in Italia e, dopo avere assistito alla sanguinosa vittoria della borghesia sul proletariato, perse per sempre la fiducia nel mondo liberale. «L’Europa è molto vecchia – scrisse – non le bastano le forze per innalzarsi all’altezza delle proprie idee, né la volontà per realizzare i propri desideri». Perciò, concludeva, un autentico rinnovamento sociale, se ci sarà, non sarà in Europa, ma in un paese giovane e barbaro qual è la Russia.

Era un errore clamoroso, per Herzen, credere che la Russia dovesse ripercorrere per filo e per segno la stessa strada dell’Occidente, instaurando l’ordine borghese dopo quello aristocratico. Forse la tradizionale proprietà comunitaria dei contadini russi, l’obšchina, costituiva l’embrione di una nuova e superiore forma di convivenza sociale. Per diffondere queste idee, Herzen si stabilì dal 1852 a Londra (poi a Ginevra), dove fondò la Libera tipografia russa dalla quale sarebbero usciti fogli, almanacchi e riviste da lui dirette, tra cui la leggendaria «Kòlokol» (La campana). Marx, che non amava Herzen per la sua sfiducia nel movimento operaio europeo e la sua vena slavofila, fu spinto tuttavia, negli ultimi anni, a considerare con interesse questi spunti teorici.

Il romanzo Di chi è la colpa?, come anche le novelle La gazza ladra e Il dottor Krupov incluse nel volume italiano, risalgono al periodo che precede l’emigrazione, quando a Herzen stava a cuore soprattutto il problema dell’emancipazione dell’individuo, del pieno sviluppo della sua autonomia e delle sue capacità. La vicenda del romanzo si svolge in una città della provincia russa, in quell’ambiente gretto e asfittico che l’autore ebbe modo di conoscere da vicino durante le sue residenze forzate a Vjatka, Vladimir e Novgorod.
Una serie di scoppiettanti bozzetti satirici introduce il lettore nella famiglia del generale a riposo Negrov, nella casa del quale si incontrano quelli che, sulle prime, sembrano i protagonisti della storia: il povero istruttore Kruciferskij, «anima bella» e sognatore, e la figlia illegittima del generale, Ljubon’ka. Tra i due nasce un amore che non conosce ostacoli: si sposano, fanno un figlio, sono felici. A un certo punto, però, irrompe sulla scena il vero protagonista del romanzo, Vladimir Bel’tov, «un uomo quanto mai attivo interiormente, aperto a ogni questione contemporanea, dotato di una cultura enciclopedica e di un pensiero audace e tagliente».

Allevato da un precettore svizzero, il nobile e ricco Bel’tov, dopo gli studi e i lunghi soggiorni all’estero, è animato dai migliori propositi. Spera di partecipare alla vita pubblica russa, ma incontra la malcelata ostilità dell’ambiente provinciale. Per l’ennesima volta, le vie dell’azione gli sono precluse, il che fa di lui un eroe del suo tempo, parte di quella generazione di «uomini superflui», esponenti dell’intelligencija nobiliare, che, all’epoca del regime poliziesco di Nicola I, si macerava nell’impossibilità di saldare il divario tra le aspirazioni ideali e l’aberrante realtà quotidiana. L’unico luogo dove Bel’tov è accolto con il calore di un’amicizia sincera è la casa della giovane coppia Kruciferskij, il povero istruttore e sua moglie Ljubon’ka.

Pretesto per una indagine sociale
La voce narrante riflette: «Un temperamento forte, non impegnato in nulla in particolare, trova quasi impossibile resistere all’influenza di una donna energica: bisogna essere o assai gretti di mente, o davvero egocentrici, o del tutto privi di carattere, per preservare ottusamente la propria indipendenza di fronte al potere morale che si manifesta nella stupenda forma di una giovane donna». Come per una legge fisica, Bel’tov si innamora perdutamente di Ljubon’ka ed è da lei ricambiato. Il marito, Kruciferskij, si troverà dunque di fronte al dilemma se confliggere o farsi da parte e lasciare libera la donna amata. Ma il dilemma circa l’eventuale rinuncia attanaglia anche Bel’tov e Ljubon’ka. Doloroso e cupo, il finale lascia aperta domanda posta nel titolo.

Un sentimento che contraddice le norme sociali – o, se si vuole, il trito problema del triangolo amoroso – fornisce dunque a Herzen il pretesto per una spregiudicata indagine psicologica e sociale, aprendo così la via che sarà poi percorsa da Tolstoj in Anna Karenina. Più articolatamente ancora, Herzen mostrerà in Il passato e i pensieri, questa volta costruito su materiale autobiografico, come la vita privata e la sfera pubblica si compenetrino molto più di quanto si creda, ovvero che non vi sono in noi angoli impenetrabili, immuni dalla storia e dallo Zeitgeist.

Le novelle incluse nel volume mondadoriano riprendono alcuni temi cari a Herzen. Nel Dottor Krupov, il protagonista appassionato di psichiatria giunge alla conclusione che è l’assoggettamento alle norme, irrazionali e contrarie alla natura, la vera follia della vita associata. Da qui al Reparto n. 6 di Cechov il passo è molto breve.

Nel racconto La gazza ladra, invece, Herzen si concentra sulla tragica storia di una contadina che, grazie al proprio talento, ottiene grandi successi come attrice di un teatro privato, senza però riuscire a emanciparsi dalla servitù. Al di là dei meriti strettamente letterari, sia il romanzo sia le novelle sono parte di quella battaglia che, in una lettera del 1850 all’amico Mazzini, Herzen confessa di aver combattuto tutta la vita: «la guerra a ogni autorità imposta, a ogni forma di privazione della libertà, nel nome dell’assoluta indipendenza dell’individuo».