Sale la tensione tra il governo egiziano e la popolazione di al-Warraq, l’isola del Cairo che da quasi due anni si sta mobilitando per contrastare la speculazione e gli sgomberi coatti.

Il 13 marzo tre abitanti attivi nella protesta sono stati arrestati dopo essere stati attirati in una trappola fuori dall’isola da una telefonata di un presunto giornalista che chiedeva di incontrarli. Si tratta di Sayed Mostafa, pensionato di 51 anni, Ibrahim Shaarawy, idraulico 32enne, e Ahmed Gamal, studente. Secondo fonti dell’isola citate da Madamasr, durante i tre giorni di sparizione forzata seguiti all’arresto, alle famiglie che chiedevano notizie nei vari uffici delle forze di sicurezza è stato proposto uno scambio: «Accettate un accordo sulle terre dell’isola e libereremo i prigionieri».

I tre attivisti sono finiti nel calderone di una mega-inchiesta (il fascicolo 488/2018) che comprende anche le decine di persone arrestate nei giorni successivi al disastro ferroviario di fine febbraio al Cairo, in una serie di retate condotte in varie zone del paese per scoraggiare le manifestazioni di malcontento.

L’ESCALATION di questi giorni è solo l’ultima tappa di un conflitto che risale al giugno 2017, quando dopo alcune dichiarazioni di al-Sisi un massiccio schieramento di polizia si era presentato sull’isola insieme a diverse autorità ministeriali per una vasta operazione di sgomberi e demolizioni. La resistenza opposta dagli abitanti scatenò scontri violenti, con decine di feriti da una parte e dall’altra e la morte di un giovane manifestante, ma riuscì a respingere le forze di sicurezza e a bloccare gli sgomberi.

L’isola, che si trova nella zona nord del Cairo, è abitata da circa 200mila persone, per lo più migranti rurali arrivati nella capitale negli anni ’80. Come molti quartieri popolari della megalopoli egiziana, l’urbanizzazione di al-Warraq è andata avanti in maniera largamente informale. Lo Stato è poi intervenuto a portare alcuni servizi pubblici, ma senza mai sanare la posizione degli abitanti e riconoscerne il legittimo possesso delle terre e delle case. Ora, con la scusa di combattere l’abusivismo e realizzare una «nuova comunità urbana» il governo vuole liberarsi della popolazione locale per far avanzare progetti di speculazione edilizia su un territorio che fa molta gola ai grandi interessi economici.

Il progetto Horus per Warraq, dal sito della Cube Consultants

 

Secondo un’inchiesta di The New Arab, al-Warraq rientrerebbe – insieme ad altre isole del Nilo – in un mega-progetto di sviluppo turistico legato ai capitali del Golfo. Ancora oggi però i dettagli di questo progetto non sono mai stati resi pubblici. Nel 2013 gli abitanti di un’altra isola, Qursaya, hanno vinto una lunga battaglia legale contro l’esercito e ottenuto il riconoscimento del loro diritto alla terra, dopo anni di scontri sanguinosi e processi militari.

STORIE SIMILI sono all’ordine del giorno in Egitto, dove l’urbanizzazione galoppante ha accelerato la competizione sulle terre e molte comunità spesso povere e marginali si ritrovano a vivere in zone estremamente appetibili per le élite economiche, politiche e militari.

Gli abitanti di al-Warraq, che da ottobre 2017 si sono organizzati in un consiglio delle famiglie, respingono i piani di sgombero e la svendita dell’isola, ma rivendicano il diritto a una riqualificazione che sia a favore della popolazione, a partire dalla realizzazione di un sistema fognario e di una strada che li colleghi alla terraferma.

ALLA BATTAGLIA partecipano tutti, dai contadini agli ingegneri, dai pescatori agli avvocati, tutti rigorosamente «figli dell’isola». L’esperienza di al-Warraq rappresenta un caso unico di opposizione popolare radicale e di massa al regime di al-Sisi, che non solo non è arretrata di fronte alle misure repressive, ma è riuscita a guadagnare anche una buona visibilità tra l’opinione pubblica e la società civile.

Proteste di piazza, cause legali, campagne social e trattative con le autorità: c’è tutto il repertorio di strumenti di lotta. In un paese in cui qualsiasi dissenso è schiacciato gli isolani di al-Warraq sono riusciti a tenere testa al regime e a ostacolarne i piani.

Una barchetta collega l’isola,[object Object],al Cairo

 

Da febbraio sono di nuovo in stato di massima allerta dopo che il governo ha mostrato l’intenzione di proseguire con le demolizioni, per ora solo nella zona costiera. Ma la popolazione teme che si tratti semplicemente di un modo di rimettere piede sull’isola e con alcune manifestazioni ha respinto lo sbarco dei traghetti che trasportavano macchinari e materiali da costruzione. Per giorni ogni sera la gente è scesa in piazza a migliaia contro l’assedio poliziesco: da sabato scorso tutti i traghetti che collegano l’isola sono presidiati da un massiccio schieramento di forze dell’ordine.

OGGI È PREVISTA una grande assemblea pubblica convocata dal consiglio delle famiglie a sostegno dei tre arrestati e in difesa di altri 22 isolani sotto processo per gli scontri del luglio 2017, la cui udienza è fissata domani. Nella stessa giornata da un’altra corte del Cairo si attende il verdetto sul ricorso presentato dal team legale contro il progetto di «sviluppo» dell’isola. Due giorni di fuoco in cui, c’è da stare certi, al-Warraq non cederà di un passo.