La vicepresidente dell’esecutivo socialista guidato da António Costa ha riaperto il dibattito sulla settimana lavorativa di quattro giorni, modello al centro di sperimentazioni in diversi paesi.

In un’intervista concessa al quotidiano portoghese Publico, Mariana Vieira da Silva ha annunciato che sta mettendo a punto, insieme al ministero del Lavoro, un progetto per testare il nuovo modello nell’amministrazione pubblica, quantomeno in quei settori e in quelle funzioni che lo permettono. «Ci sono già delle istituzioni pubbliche che vogliono sperimentare questa possibilità, ma abbiamo tanti servizi che non sono compatibili con questo tipo di organizzazione dell’orario di lavoro» ha spiegato la vicepremier.

A suscitare l’interesse della funzione pubblica sono stati i buoni risultati ottenuti dalle sperimentazioni già realizzate nel settore privato; a giugno, infatti, sono partiti alcuni progetti pilota, coordinati dal ministero del Lavoro, in alcune imprese offertesi volontarie.

Oltre a liberare tempo utile ai dipendenti per potersi dedicare al lavoro di cura e al riposo, ma anche al consumo (con ricadute economiche positive su alcuni comparti reduci dalla pandemia e ora alle prese con l’inflazione), i test realizzati finora hanno dimostrato che la concentrazione/riduzione dell’orario di lavoro genera spesso un aumento della produttività. In genere lavoratori e lavoratrici accettano di buon grado l’intensificazione dei ritmi in cambio dell’aumento del tempo libero a disposizione.

La minore permanenza dei dipendenti all’interno delle installazioni aziendali permette poi alle imprese di diminuire i costi fissi, ad esempio quelli energetici, per non parlare del fatto che l’umore e la motivazione dei dipendenti migliorano portando a una diminuzione delle giornate di malattia.

Il problema è che, se ci sono imprese che non pretendono alcuna compensazione per le ore perse e mantengono intatti monte ore e stipendi, altre alla contrazione dell’orario associano una decurtazione salariale, oppure pretendono un aumento dell’orario nei quattro giorni lavorativi per compensare le “ore perse” in quello liberato.

In mancanza di una chiara e rigida regolamentazione legislativa la riduzione dell’orario di lavoro rischia di trasformarsi, per i lavoratori, in un’arma a doppio taglio.

È sulla base di questi elementi di interesse e di queste contraddizioni che, spiega la vicepremier portoghese, si dovrà mettere mano ad una sperimentazione nel settore pubblico. I primi progetti pilota dovrebbero partire già nel 2023, assicura Vieira da Silva, ricordando che la riforma era inclusa nel programma del Partito Socialista per le elezioni del 30 gennaio, vinte dal centrosinistra con la maggioranza assoluta. Per quanto riguarda le reazioni, mentre la Cip – la Confindustria di Lisbona – giudica la questione non prioritaria, i sindacati Ugt e Cgtp manifestano interesse per il progetto – anche se la seconda sigla insiste su una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a 35 ore a parità di salario – a patto che si fissi da subito una linea rossa: nessuna riduzione di salario e nessun aumento dell’orario quotidiano.